Il precariato è un fenomeno abnorme, non certo perché sono stati fatti concorsi ordinari a posti zero, o perché non funzionano i meccanismi del reclutamento con le infinite Graduatorie ad Esaurimento, o perché, come ammortizzatore sociale, si sono elargite a destra e a manca supplenze annuali, ma perché – con ogni amministrazione e con governi di ogni colore – è stato economicamente vantaggioso sfruttare i supplenti a vita.
Per i precari, ad oggi, non è mai corrisposta una parità di lavoro a parità di trattamento. I precari vengono discriminati secondo le seguenti dinamiche di prestazione lavorativa:
– esistono da sempre differenziazioni tra supplenti annuali, supplenti fino al termine dell’attività didattica e supplenti temporanei: non c’è uno stipendio estivo per tutti coloro che svolgono almeno 180 gg. di servizio in un anno;
– non esiste una parità di trattamento economico e normativo per quanto riguarda ferie, malattia, permessi tra il personale a tempo determinato e indeterminato;
– la progressione di carriera (scatti di anzianità) dovrebbe esistere anche per il personale a tempo determinato, almeno dopo quattro anni di servizio, com’era per gli insegnanti di Religione Cattolica prima che una sanatoria li immettesse scandalosamente in ruolo, lasciando gli altri supplenti a vita; è ora di finirla con il fatto che un precario, anche dopo quindici o vent’anni di servizio, abbia sempre lo stipendio a livello zero; già alcune sentenze di Giudici del Lavoro di alcuni Tribunali del paese hanno riconosciuto il diritto agli scatti di anzianità anche per i lavoratori a tempo determinato.
– per i neoimmessi in ruolo andrebbe ricostruita la carriera considerando tutto intero il servizio pre-ruolo (oggi sono riconosciuti solo i primi quattro anni e i due terzi del rimanente).
Ricordiamo, tra l’altro, che questa disparità di trattamento contraddice gli orientamenti comunitari in materia di rapporti di lavoro, con particolare riferimento alla Direttiva 1999/70/CE del Consiglio dell’Unione Europea del 28/06/99, la quale sancisce “…i lavoratori a tempo determinato non possono essere trattati in modo meno favorevole dei lavoratori a tempo indeterminato comparabili per il solo fatto di avere un contratto o rapporto di lavoro a tempo determinato, a meno che non sussistono ragioni oggettive”.
Per l’amministrazione è estremamente conveniente mantenere una quota straordinariamente ingente di personale con contratto a tempo determinato! Un precario costa mediamente 8.000/9.000 euro in meno di un lavoratore di ruolo. Questo per lo stipendio estivo che i supplenti fino al termine dell’attività didattica non percepiscono, ma soprattutto per la progressione di carriera inesistente.
La parità di trattamento tra personale a tempo determinato ed indeterminato, per un’uguale prestazione lavorativa, doveva trovare posto nel Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro del Comparto Scuola. Che interesse hanno avuto i sindacati “concertativi”-confederali per mantenere questo stato di cose, se non fosse stata una complicità con i governi di dx e di sx che da sempre hanno sfruttato il precariato? Il ministero dell’Economia e Finanze (MEF) ha, almeno dal 97, regolato questa vergognosa, iniqua ed intollerabile sperequazione tra docenti di ruolo e precari.
I sindacati confederali dovrebbero prendere in considerazione che la possibilità di effettuare sei ore settimanali di straordinario, per il personale docente, ha provocato una vera e propria cannibalizzazione nella categoria! Una questione importante sono le cattedre, nella secondaria, che possono arrivare fino alle 24 ore settimanali di lezione, con sei ore di straordinario. Sempre più colleghi, di ruolo e non, di fronte agli stipendi più bassi d’Europa, pensano bene di fare ore di straordinario, prendendo altre classi e rubando letteralmente il posto ai precari, senza contare la qualità dell’insegnamento, perché, con 24 ore settimanali, una didattica seria ed efficace è impossibile.
Allora si deve battere per cancellare dal Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro la possibilità di fare le sei ore settimanali di straordinario (norma stipulata da Cgil-Cisl-Uil-Snals e Gilda nel CCNL dal lontano 1989) e proporre invece una lotta seria per stipendi decenti e per liberare posti di lavoro per i precari!
Vogliamo segnalare che lo straordinario fino alle sei ore settimanali (su 18 di orario contrattuale) dei docenti non è assolutamente comparabile con lo straordinario di altre categorie. L’impiegato che si ferma le due ore in più per sbrigare una pratica o l’operaio che lavora anche il sabato in via eccezionale per un picco di produzione richiesta, o lo stesso docente che fa un’ora di supplenza per sostituire un collega assente, non hanno niente a che fare con un docente che per tutto l’anno si accolla sei ore in più di lezione frontale (in pratica mediamente due classi in più) con relative programmazioni di attività, correzioni compiti, etc.
I precari della scuola vanno immessi in ruolo su tutti i posti vacanti di organico di diritto e di fatto! Sull’organico di fatto l’amministrazione dello Stato ha da sempre barato, allargandone a dismisura i posti: questo perché sui posti di organico di fatto non sono previste immissioni in ruolo e i supplenti sono retribuiti fino alla fine delle attività didattiche (30 giugno) e non alla fine dell’anno scolastico (31 agosto).
E’ necessaria l’immissione in ruolo sui posti vacanti ad ogni inizio d’anno scolastico, abrogando quella norma, inserita nella Legge Finanziaria del 1997 (la legge 449/97 emanata dal vecchio governo Prodi), che prevede la preventiva autorizzazione mediante un Decreto Interministeriale, su parere del Ministero dell’Economia (MEF). Dobbiamo premere e fare di tutto perché la scuola sia sganciata dal MEF, perché, ad oggi, è stata trattata solo come fonte di sprechi su cui fare risparmio da una classe politica miope e senza dignità!
I posti vacanti devono essere occupati da personale stabile e non con contratti a termine. Ogni governo – in questi anni – ha preferito autorizzare le immissioni in ruolo con il contagocce, proprio per l’estrema convenienza a sfruttare i precari.