SCELTA E TRASFERIMENTO DI SEDE PER IL LAVORATORE CHE ASSISTE IL FAMILIARE DISABILE

L’art.33 – comma 5 della legge 104/92 prevede, relativamente alla scelta e al trasferimento della sede di lavoro, alcune particolari agevolazioni per il lavoratore che assiste un familiare portatore di grave handicap.LEGGE 104

Destinatari

La legge n. 183 del 4 novembre 2010 (c.d. collegato lavoro) ha introdotto importanti novità modificando l’art. 33 della legge 104/92 e prevedendo al comma 5 che i destinatari di questa agevolazione sono i soggetti definiti nella nuova formulazione dell’art. 33 – comma 3 legge 104/92.

Pertanto il diritto a scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina al domicilio della persona da assistere e a non essere trasferito senza il suo consenso ad altra sede è riconosciuto:

 al lavoratore dipendente, pubblico o privato, che assiste persona con handicap in situazione di gravità, coniuge, parente o affine entro il secondo grado, ovvero entro il terzo grado qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto i sessantacinque anni di età oppure siano anche essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti; 

Precedentemente alla entrata in vigore della legge 183/2010 la norma prevedeva tale possibilità:

– per il coniuge, per i parenti e gli affini entro il terzo grado;

– il diritto del lavoratore al trasferimento nella sede di lavoro più vicina al proprio domicilio.

Il diritto di scegliere la sede di lavoro più vicina al domicilio della persona da assistere è richiamato dalle circolari INPS n. 155/2010, INPDAP n. 1/2011 e dipartimento funzione pubblica n. 13/2010).

Estensione a parenti o affini entro il 3° grado

La possibilità di assistere si estende dal secondo al terzo grado di parentela solo nel caso in cui il coniuge o i genitori della persona da assistere grave abbiano compiuto i sessantacinque anni di età oppure siano anche essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti. Questa possibilità è estesa anche qualora uno solo dei due soggetti (genitori o coniuge) si trovi nelle condizioni sopra elencate.

Le circolare inps n. 155/2010, INPDAP n.1/2011 e dipartimento funzione pubblica n.13/2010 evidenziano che la possibilità di passare dal secondo al terzo grado di assistenza si verifica anche nel caso in cui uno solo dei soggetti menzionati (coniuge, genitore) si trovi nelle descritte situazioni in quanto la legge prevede testualmente quanto segue “qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto i sessantacinque anni di età oppure siano anche essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti”.

Patologie invalidanti

Le circolare inps n. 155/2010, INPDAP n.1/2011 e dipartimento funzione pubblica n.13/2010 per definire le patologie invalidanti si riferiscono al testo del Decreto Ministeriale 21 luglio 2000, n. 278 dove vengono così indicate:

1) patologie acute o croniche che determinano temporanea o permanente riduzione o perdita dell’autonomia personale, ivi incluse le affezioni croniche di natura congenita, reumatica, neoplastica, infettiva, dismetabolica, post-traumatica, neurologica, neuromuscolare, psichiatrica, derivanti da dipendenze, a carattere evolutivo o soggette a riacutizzazioni periodiche;

2) patologie acute o croniche che richiedono assistenza continuativa o frequenti monitoraggi clinici, ematochimici e strumentali;

3) patologie acute o croniche che richiedono la partecipazione attiva del familiare nel trattamento sanitario;

4) patologie dell’infanzia e dell’età evolutiva aventi le caratteristiche di cui ai precedenti numeri 1, 2, e 3 o per le quali il programma terapeutico e riabilitativo richiede il coinvolgimento dei genitori o del soggetto che esercita la potestà.

Come espresso nella Circolare INPDAP 14 febbraio 2011, n. 1 la sussistenza delle patologie invalidati dovrà risultare da idonea documentazione medica che dovrà essere acquisita e valutata dall’ufficio di appartenenza del richiedente.

Mancanti

Le circolare inps n. 155/2010, INPDAP n.1/2011 e dipartimento funzione pubblica n.13/2010 definiscono l’espressione “mancanti” che deve essere intesa non solo come situazione di assenza naturale e giuridica (celibato o stato di figlio naturale non riconosciuto), ma deve ricomprendere anche ogni altra condizione ad essa giuridicamente assimilabile, continuativa e debitamente certificata dall’autorità giudiziaria o da altra pubblica autorità, quale: divorzio, separazione legale o abbandono, risultanti da documentazione dell’autorità giudiziaria o di altra pubblica autorità.

Convivenza – Continuità – Esclusività

L’art. 19 delle legge 53/2000 ha eliminato il requisito della convivenza con la persona da assistere.

Con l’entrata in vigore della legge 183/2010 non sono più richiesti i requisiti di esclusività e continuità dell’assistenza.

Requisiti

E’ necessario che il familiare da assistere:

– sia in possesso della certificazione di portatore di handicap in condizioni di gravità (art. 3 – comma 3 della legge 104/92) rilasciata dalla apposita commissione operante presso l’Azienda U.S.L. di residenza dell’interessato;

– non sia ricoverato a tempo pieno.

Ricovero a tempo pieno

Le circolare inps n. 155/2010, INPDAP n.1/2011 e dipartimento funzione pubblica n.13/2010 chiariscono che per ricovero a tempo pieno si intende il ricovero per le intere 24 ore e che il ricovero rilevante ai fini della norma è quello che avviene presso le strutture ospedaliere o comunque le strutture pubbliche o private che assicurano assistenza sanitaria. In linea con orientamenti applicativi già emersi anche per il lavoro nel settore privato, si precisa che fanno eccezione a tale presupposto le seguenti circostanze:

– interruzione del ricovero per necessità del disabile di recarsi fuori della struttura che lo ospita per effettuare visite o terapie;

– ricovero a tempo pieno di un disabile in coma vigile e/o in situazione terminale;

– ricovero a tempo pieno di un minore in situazione di handicap grave per il quale risulti documentato dai sanitari della struttura il bisogno di assistenza da parte di un genitore o di un famigliare.

La ricorrenza delle situazioni eccezionali di cui sopra dovrà naturalmente risultare da idonea documentazione medica che l’amministrazione è tenuta a valutare. 

Referente unico

Come già evidenziato, secondo la legge 183/2010 può usufruire del trasferimento il lavoratore che può godere dei permessi. Il diritto ai permessi non può essere riconosciuto a più di un lavoratore dipendente per la stessa persona con handicap in situazione di gravità.

In base alla legge viene individuato un unico referente per ciascun disabile, trattandosi del soggetto che assume “il ruolo e la connessa responsabilità di porsi quale punto di riferimento della gestione generale dell’intervento, assicurandone il coordinamento e curando la costante verifica della rispondenza ai bisogni dell’assistito” come viene definito nel parere del Consiglio di Stato, n. 5078 del 2008.

Il regime del referente unico prevede una deroga in caso dei genitori di figli con grave disabilità L’assistenza nei confronti del figlio disabile gode di un regime più flessibile e le norme specifiche derogano al “regime del referente unico” che è stato illustrato nel paragrafo precedente. Infatti, secondo quanto previsto dal nuovo comma 3 dell’art. 33, l’assistenza può essere prestata alternativamente da entrambi i genitori, anche adottivi che possono fruirne alternativamente.

In base al nuovo dettato normativo, sembrerebbe così che il principio del referente unico sia esteso anche al trasferimento di sede, ma le circolari esplicative emanate da INPS, INPDAP e Dipartimento della Funzione Pubblica non chiariscono questo aspetto e sono in generale piuttosto scarne di indicazioni sul diritto alla scelta ed al trasferimento della sede di lavoro.

Si sottolinea, inoltre, che:

– il diritto di scegliere, la sede di lavoro più vicina al domicilio della persona da assistere domicilio, può valere soltanto nell’ambito della medesima amministrazione o ente di appartenenza (Circolare Ministero per la Funzione Pubblica n. 90543/7/448 del 26 giugno 1992) – per esempio non è possibile invocare la legge 104 per essere trasferiti da una azienda U.S.L. ad un’altra o da un Comune ad un altro, in questi casi può essere utilizzato l’istituto della mobilità nella pubblica amministrazione;

– il diritto al trasferimento di sede può valere solo nel caso in cui esista il posto vacante nella sede di destinazione richiesta (Parere del Consiglio di Stato n. 1813 del 10 dicembre 1996, Circolare del Dipartimento Funzione Pubblica 6 dicembre 2010, n.13;),

– molte pubbliche amministrazioni (per esempio scuola, guardia di finanza,) hanno ulteriormente precisato i criteri per fruire di tale agevolazione. Pertanto, è sempre opportuno verificare quanto specificamente previsto dal contratto di lavoro e dai regolamenti di categoria.

La Circolare del Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale n. 28 del 1993 precisa che la locuzione “ove possibile”, in merito al diritto di scelta della sede di lavoro, è da intendersi nel senso che il datore di lavoro può frapporre un rifiuto solo per motivate esigenze di organizzazione aziendale; il diritto di non essere trasferito senza esplicito consenso ad altra sede costituisce, invece, un diritto incondizionato, nel senso che non è soggetto a verifica di compatibilità con le esigenze organizzative e produttive dell’impresa.

La circolare del Dipartimento Funzione Pubblica n. 13 del 2010 emanata a seguito della legge 183/2010 recita testualmente: “E’ opportuno segnalare che la norma, rispondendo all’esigenza di tutela del disabile, accorda al lavoratore un diritto, che può essere mitigato solo in presenza di circostanze oggettive impeditive, come ad esempio la mancanza di posto corrispondente nella dotazione organica di sede, mentre non può essere subordinato a valutazioni discrezionali o di opportunità dell’amministrazione”.

L’INPDAP, nella circolare n. 34 del 2000 prevede che:

– il diritto alla sede più vicina presuppone l’esistenza (vacanza organica) del posto nella sede in cui si intende essere assegnati o rimanere;

– il diritto al trasferimento o alla permanenza in sede è subordinato all’assistenza di un soggetto con grave handicap; pertanto, se questi non versa nelle condizioni di gravità, ex art. 3, 3° comma, L. 104/92, il diritto non è riconosciuto;

– lo stesso diritto viene meno nel caso in cui cessino i presupposti (ad es. morte dell’assistito o mutamento delle condizioni sanitarie), con conseguente revoca del provvedimento.

Si rileva infine che:

– Il Consiglio di Stato in diversi pronunciamenti ha ribadito che la normativa trova diretto fondamento in principi di rango costituzionale con carattere derogatorio rispetto all’ordinaria procedura delle assegnazioni di sede e dei trasferimenti e che non è consentito l’obbligo di permanenza per alcuni anni nella prima sede di assegnazione (Parere del Consiglio di Stato n. 1813 del 10 dicembre 1996);

– nel parere n. 1623 del 17 ottobre 2000 il Consiglio di Stato ha stabilito che, nel caso in cui il concorso sia stato bandito per una determinata circoscrizione territoriale, il posto presso diversa circoscrizione non può considerarsi disponibile per i vincitori del concorso e quindi, di massima non può essere utilizzato per le esigenze di tutela soddisfatte dalla legge 104/92.

Si ritiene inoltre opportuno segnalare alcuni pronunciamenti della Corte di Cassazione ed in particolare:

– n. 12692 del 29/08/2002 e n. 22323 del 3/11/2010 in cui si afferma che l’esercizio di questo diritto deve essere compatibile con l’interesse comune e non può avvenire a discapito delle esigenze economiche ed organizzative del datore di lavoro;

– n. 23526 del 2 novembre 2006 in cui si afferma che nel caso in cui un lavoratore pubblico con una situazione familiare già esistente che dà diritto ai permessi “ex lege” n. 104/1992, accetti un posto di lavoro fuori dalla propria sede e, di conseguenza, venga lì trasferito, non può rivendicare, in via prioritaria, il trasferimento nella vecchia sede per assistere il familiare handicappato ribadendo quanto già chiarito con la precedente sentenza n. 3027 del 29 marzo 1999 secondo cui, in materia di assistenza alla persona handicappata, la norma di cui all’articolo 33 comma 5 della legge 104/92, sul diritto del genitore o familiare lavoratore – che assista con continuità un parente o un affine entro il terzo grado handicappato – di scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina al proprio domicilio, non è applicabile nel caso in cui la convivenza sia stata interrotta per effetto dell’assegnazione, al momento dell’assunzione, della sede lavorativa e il familiare tenda successivamente a ripristinarla attraverso il trasferimento in una sede vicina al domicilio dell’handicappato. 

Procedura per la richiesta

La domanda deve essere rivolta al datore di lavoro, allegando:

– la certificazione di handicap grave e dichiarazione di non ricovero del familiare da assistere.

 Normativa di riferimento

 Legge 5 febbraio 1992, n. 104 – “Legge-quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate”;

 Circolare Ministero per la Funzione Pubblica 26 giugno 1992, n. 90543/7/448 –  “Applicazione degli articoli 22 e 33 della legge quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate (legge 5 febbraio 1992, n. 104). Criteri illustrativi”;

 Circolare Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale 15 marzo 1993, n. 28 –  “Legge 5 febbraio 1992, n. 104. Legge quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate; art. 33 (agevolazioni)”;

 Parere Consiglio di Stato del 10 dicembre 1996, n. 1813  “Quesito concernente l’applicazione della legge 5 febbraio 1992 n. 104 (assistenza delle persone handicappate)”;

 Sentenza Corte di cassazione n. 3027 del 29 marzo 1999  Il lavoratore ha diritto di ottenere, ove possibile, l’avvicinamento al parente portatore di handicap da lui assistito – Se un provvedimento del datore di lavoro interrompe la convivenza [N.d.A.];

 Legge 8 marzo 2000, n.53  “Disposizioni per il sostegno della maternità e della paternità, per il diritto alla cura e alla formazione e per il coordinamento dei tempi delle città” – art. 19

 Circolare INPDAP 10 luglio 2000, n. 34 – “Legge quadro n. 104 del 5/2/1992 per l’assistenza, l’integrazione sociale ed i diritti delle persone handicappate. La disciplina di cui agli articoli 1, 3, 4, 33 e le innovazioni introdotte dagli articoli 19 e 20 della legge n. 53 del 8/3/2000”;

 Parere del Consiglio di Stato del 17 ottobre 2000, n. 1623  “Ministero delle Finanze – quesito concernente l’applicazione art. 33 della legge 5 febbraio 1992, n. 104 e successive modificazioni ed integrazioni (assistenza alle persone handicappate) -Criteri interpretativi”;

 Sentenza Corte di Cassazione del 29 agosto 2002, n. 12692  La Cassazione afferma la necessità di un bilanciamento tra l’interesse del familiare all’assistenza continua alla persona portatrice di handicap ed altri interessi di rilevanza costituzionale sicché il riconoscimento del diritto del lavoratore familiare può, a seconda delle situazioni fattuali a fronte delle quali si intenda farlo valere, cedere a rilevanti esigenze economiche, organizzative e produttive dell’impresa [N.d.A.];

 Sentenza Corte di Cassazione del 2 novembre 2006, n. 23526  La Corte di Cassazione ha affermato che nel caso in cui un lavoratore pubblico con una situazione familiare già esistente che dà diritto ai permessi “ex lege” n. 104/1992, accetti un posto di lavoro fuori dalla propria sede e, di conseguenza, venga lì trasferito, non può rivendicare, in via prioritaria, il trasferimento nella vecchia sede per assistere il familiare handicappato [N.d.A.];

 Legge 4 novembre 2010, n. 183 – “Deleghe al Governo in materia di lavori usuranti, di riorganizzazione di enti, di congedi, aspettative e permessi, di ammortizzatori sociali, di servizi per l’impiego, di incentivi all’occupazione, di apprendistato, di occupazione femminile, nonché misure contro il lavoro sommerso e disposizioni in tema di lavoro pubblico e di controversie di lavoro”;

 Circolare INPS 3 dicembre 2010, n. 155  “Legge n. 183 del 4 novembre 2010, art. 24. Modifiche alla disciplina in materia di permessi per l’assistenza a portatori di handicap in situazione di gravità”;

 Parere del Consiglio di Stato, n. 5078 del 2008 – Ha definito il referente unico come: il soggetto che assume il ruolo e la connessa responsabilità di porsi quale punto di riferimento della gestione generale dell’intervento, assicurandone il coordinamento e curando la costante verifica della rispondenza ai bisogni dell’assistito [N.d.A.];

 Sentenza Corte di Cassazione del 3 novembre 2010, n. 22323 – La Cassazione ha affermato che il riconoscimento, in favore del lavoratore familiare di un disabile (articolo 33 della legge n. 104/1992) di scegliere la sede lavorativa più vicina al proprio domicilio e di non essere trasferito ad altra sede senza il suo consenso, presuppone, anche, l’attualità dell’assistenza e la compatibilità con l’interesse comune. L’esercizio di questo diritto non può essere fatto valere a danno delle esigenze economiche ed organizzative del datore di lavoro [N.d.A.].

 Circolare Dipartimento Funzione Pubblica 6 dicembre 2010, n.13 – “Modifiche alla disciplina in materia di permessi per l’assistenza alle persone con disabilità – banca dati informatica presso il Dipartimento della funzione pubblica – legge 4 novembre 2010, n. 183, art. 24”.

 Circolare INPDAP 14 febbraio 2011, n. 1  “Legge 4 novembre 2010, n. 183, art. 24 – “Modifiche alla disciplina in materia di permessi per l’assistenza a portatori di handicap in situazione di gravità”.

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