Sistema sanitario e risorse umane: l’Italia ha bisogno di infermieri

Gli italiani invecchiano e la domanda di assistenza sanitaria sale. La popolazione italiana è una delle più vecchie al mondo: quasi il 20% supera i 65 anni di età e, secondo i dati Istat, nel 2050 circa l’8% degli italiani avrà più di 85 anni. Il sistema sanitario italiano, al momento, potrebbe non essere in grado di far fronte a questi cambiamenti, in particolare per quanto riguarda il rinnovo e l’assunzione del personale paramedico. Si calcola che la carenza di infermieri, già importante soprattutto al Nord, aumenti ogni anno a causa dello squilibrio tra i pensionamenti (17 mila all’anno) e le nuove assunzioni (8 mila all’anno). È quanto emerge dal rapporto Ocse 2008(pdf 412 kb) sulle risorse umane italiane in ambito sanitario.

Troppi medici

L’Italia ha il più alto numero al mondo di medici per abitante: più di 600 medici ogni 100 mila abitanti nel 2005. I medici appartenenti alla Federazione nazionale degli ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri (Fnomceo) sono circa 370 mila, di cui un terzo lavora negli istituti pubblici. Inoltre, secondo l’Ocse, la competizione tra medici nel settore pubblico è molto alta e spesso i più giovani devono aspettare a lungo prima di riuscire a ritagliarsi un posto di lavoro.

Questo esubero si è sviluppato tra gli anni Settanta e gli anni Novanta, periodo in cui il numero degli studenti di medicina è aumentato notevolmente: solo nel 1980, 17 mila studenti iscritti. Dagli anni Novanta, il numero chiuso alle università ha portato a una riduzione del numero di iscritti, che nel 2006 è sceso a 5623.

Il settore pubblico offre scarse opportunità a lungo termine e questo spinge a cercare lavoro all’estero: molti dei cosiddetti “cervelli in fuga” sono, non a caso, medici. D’altra parte, l’Ocse sottolinea come il mercato del lavoro italiano in ambito sanitario soffra di una cronica mancanza di fondi, scarse opportunità di carriera e nepotismo, risultando quindi poco attraente per i professionisti stranieri.

Pochi infermieri

Il settore infermieristico deve far fronte al problema opposto. L’Italia ha meno infermieri che dottori, la maggior parte dei quali (70%) lavorano in strutture pubbliche. L’università italiana non forma abbastanza infermieri e, secondo la Federazione nazionale Ipasvi, nel 2006 la carenza ammontava a circa 60 mila, per una mancanza di copertura dei posti di lavoro pari al 15%. Per questo motivo l’università ha incrementato la capacità dei corsi per le professioni paramediche, ma le domande di ammissione rimangono più alte dei posti disponibili, soprattutto al Sud.

Per risolvere la carenza cronica di infermieri, alcune Regioni hanno creato nuove figure professionali come quella dell’assistente e operatore socio-sanitario, riducendo così il carico di lavoro degli infermieri specializzati che storicamente svolgono anche compiti di pulizia e movimento dei pazienti.

Risorse dall’estero

La carenza di infermieri potrebbe essere in parte colmata dall’assunzione di personale proveniente dall’estero. Ma a causa della competizione con i Paesi esteri, che offrono salari più alti e condizioni di lavoro migliori e delle complesse politiche di immigrazione, il numero di infermieri stranieri in Italia è ancora molto basso: 6730 nel 2005, di cui un terzo proveniente dall’Unione europea.

Nel 2004, secondo i dati Ocse, la maggior parte del personale straniero autorizzato a venire in Italia è stato assunto con contratti dai 12 ai 24 mesi. Gli infermieri che arrivano in Italia hanno mediamente tra i 20 e i 39 anni e provengono generalmente da Romania (circa 60%), Polonia (25%), Perù, Albania, Serbia e India.

Le assunzioni dall’estero possono essere facilitate tramite contatti diretti tra le istituzioni. Gli accordi intrapresi in questo senso sono ancora pochi, ma alcuni sono risultati di particolare efficacia. La Spagna per esempio, che presenta un esubero di infermieri, ha un accordo interistituzionale con l’Italia che facilita l’assunzione del personale.

Alcune Regioni hanno iniziato a richiamare personale dall’estero tramite accordi bilaterali tra gli istituti di formazione. La Regione Veneto, per esempio, ha stipulato un accordo bilaterale con alcuni istituti di Bucarest e Pitesti e la Provincia di Parma con la Provincia di Cluj-Napoca.

Dei 7 mila infermieri stranieri presenti in Italia, la maggior parte lavora nel settore privato. L’unico accordo che coinvolge direttamente le autorità nazionali è quello che l’Italia ha con la Tunisia tramite il ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche sociali.

Le reazioni al flusso di infermieri dall’estero sono state molto positive anche se persistono alcune preoccupazioni legate alle difficoltà linguistiche e alla necessità di formazione iniziale. Malgrado la forte domanda di personale paramedico, l’Italia rimane un Paese poco attraente per gli infermieri stranieri: lo stipendio non è competitivo (circa 1600 euro al mese), le politiche di immigrazione sono sfavorevoli e la scarsa diffusione della lingua italiana all’estero rende la comunicazione più difficile.

Studenti stranieri

L’Italia non ha mai avuto un grande afflusso di studenti stranieri, anche se negli ultimi anni la loro percentuale ha avuto un leggero incremento. L’assenza di una politica specifica in questo senso abbandona gli studenti alle loro risorse, anche se i posti a disposizione per gli stranieri sono quattro volte quelli attualmente occupati. Molti degli studenti provenienti dall’estero frequentano corsi di medicina: il 6,9% degli studenti che conseguono questa laurea sono stranieri, contro il 2,9% dei corsi di infermieristica.

Assistenza sanitaria a casa

L’invecchiamento della popolazione italiana richiede sempre maggiore impegno nell’assistenza agli anziani.

L’invecchiamento della popolazione italiana richiede sempre maggiore più nell’assistenza agli anziani. La domanda di badanti e assistenti/operatori socio-sanitari eccede addirittura quella degli infermieri. Recenti indagini stimano che gli stranieri che in Italia lavorano in questo ambito sono circa 500 mila. La carenza dell’assistenza pubblica e i cambiamenti sociali delle famiglie italiane hanno incrementato il mercato dell’assistenza tramite badanti privati, la maggior parte dei quali stranieri.

Molti di questi lavoratori non hanno un regolare permesso di soggiorno, ma il loro ruolo è ormai essenziale per la società italiana: si tratta fondamentalmente di immigrati provenienti da Ucraina, Romania, Polonia, Moldavia, Ecuador e Perù, spesso privi di preparazione in ambito sanitario. Per accrescere le loro competenze, molte autorità locali hanno organizzato corsi di formazione per il primo soccorso e le cure di base.

Conclusioni

L’Italia deve fronteggiare la questione delle risorse umane nel settore sanitario. L’eccesso di medici, ma soprattutto la scarsità di infermieri e di personale paramedico in genere, è un problema da risolvere al più presto. L’aumento dei corsi di formazione per infermieri sta iniziando a colmare queste carenze, ma la domanda di personale è ancora molto elevata. Gli ostacoli burocratici e le contraddizioni interne al sistema universitario e a quello sanitario rendono la situazione molto complessa, ma le risorse umane straniere possono contribuire a risolvere la questione.

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