L’ A.S.La COBSA accoglie lo stop al reddito di cittadinanza deciso dal governo Meloni con un misto di incredulità e di orrore.
Sono stati scaricati 660mila poveri. Prevenzione? Antipatia personale? Nulla di tutto questo. Si tratta semplicemente di dati. Che al di là di qualsiasi vessillo ideologico, dovrebbero essere noti a chi ha l’onere e l’onore di guidare il Paese. E possibilmente, di difendere gli ultimi, invece di fargli il funerale con tanto di insulti. I dati Istat di un mese fa fotografano una realtà economica difficile, in Italia.
Certificano, guardando al 2021, che poco più di un quarto della popolazione è a rischio di povertà o esclusione sociale (25,4%), quota sostanzialmente stabile rispetto al 2020 (25,3%) e al 2019 (25,6%). In lieve peggioramento la disuguaglianza nel 2020: il reddito totale delle famiglie più abbienti è 5,8 volte quello delle famiglie più povere (5,7 nel 2019). Questo valore sarebbe stato decisamente più alto (6,9) in assenza di interventi di sostegno alle famiglie. Il reddito netto medio delle famiglie è di 32.812 euro annui nel 2020. Gli interventi di sostegno (reddito di cittadinanza e altre misure straordinarie) ne hanno limitato il calo (-0,9% in termini nominali, -0,8% in termini reali).
Questi i dati asettici dell’Istat, ma per avere un quadro più esatto e vero della situazione vanno incrociati con il Rapporto della Caritas, che ha in mano le situazioni delle persone reali ed in modo capillare, attivando la rete delle diocesi e delle parrocchie. E così l’ultimo Rapporto introduce un elemento molto importante: la povertà si eredita. Smentendo ogni facile teoria economica – sempre molto di moda – secondo cui i poveri sono dei fannulloni oppure, in alternativa a scelta, persone che se lo volessero, potrebbero migliorare. Invece la Caritas ci dice – e guarda caso, nessun politico se ne sarebbe accorto – che nel nostro paese la povertà non è solo in aumento, ma si eredita. L’ascensore sociale funziona infatti solo per chi ha la fortuna di nascere in una famiglia di classe medio-alta. Chi si colloca sulle posizioni più svantaggiate della scala sociale ha invece scarse possibilità di poter migliorare la propria condizione.
Secondo il Rapporto Caritas, i casi di “povertà intergenerazionale” pesano per il 59,0%, arrivando nelle Isole e nel Centro rispettivamente al 65,9% e al 64,4% dei casi totali. Una zavorra che riguarda innanzitutto l’istruzione: «Le persone che vivono in uno stato di povertà, nate tra il 1966 e il 1986, provengono per lo più da nuclei familiari con bassi titoli di studio – spiegano i ricercatori -, in alcuni casi senza qualifiche o addirittura analfabeti (oltre il 60% dei genitori possiede al massimo una licenza elementare). E, sono proprio i figli delle persone meno istruite a interrompere gli studi prematuramente, fermandosi alla terza media e in taluni casi alla sola licenza elementare; al contrario tra i figli di persone con un titolo di laurea, oltre la metà arriva ad un diploma di scuola media superiore o alla stessa laurea». La povertà ereditaria influenza anche l’ingresso nel mondo del lavoro: più del 70% dei padri degli assistiti risulta occupato in professioni a bassa specializzazione; il 63,8% delle madri è casalinga, mentre fra le occupate prevalgono comunque lavori con basse qualifiche. Circa 1 figlio su 5 ha mantenuto la stessa posizione occupazionale dei padri mentre addirittura il 42,8% ha visto peggiorare la propria situazione, soprattutto tra coloro che hanno un basso titolo di studio.
Anche i più fortunati, ovvero coloro che sono riusciti a raggiungere una qualifica professionale superiore ai genitori, si trovano a scontare l’eredità nel mondo del lavoro e non trovano un’occupazione adeguata al proprio profilo professionale a causa dell’elevata incidenza di disoccupazione e di lavoro povero. Si tratta di più di un terzo degli assistiti (36,8%). Come affrontare il contrasto alla povertà? Il Rapporto caritas anche su questo capitolo fornisce indicazioni che smentiscono le facili teorie che basterebbe cancellare il Reddito di cittadinanza e la situazione si risolverebbe. In proposito il Rapporto Caritas pone l’accento sul fatto che finora il reddito di cittadinanza “raggiunge poco meno della metà dei poveri assoluti (44%)”. Inoltre, «accanto alla componente economica dell’aiuto vanno garantiti adeguati processi di inclusione sociale. Ma al momento una serie di vincoli amministrativi e di gestione ostacolano tale aspetto». Fra le proposte di Caritas Italiana, quella di «rafforzare la capacità di presa in carico dei Comuni, anche attraverso il potenziamento delle risorse umane e finanziarie a disposizione e un miglior coordinamento delle azioni», e di prestare particolare attenzione ai nuovi programmi finanziati dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza.