Le truffe dei “finti posti di lavoro” sono in netto aumento

C’è chi propone un posto di guardia giurata,finti posti di lavoro con tanto di divisa, come è successo a Napoli nel novembre scorso, in cambio di una stecca dai sette ai 15mila euro, che ha ripagato chi ci è cascato con uno stipendio con assegni falsi o inesigibili; e c’è chi propone un posto di lavoro all’estero, in cantieri del Nordafrica, per esempio, con un modesto pagamento di 300 euro, come è successo qualche giorno fa in Liguria, usando moduli contraffatti di note aziende ignare, per pagare visite e pratiche burocratiche per un lavoro che non c’è. E che non ci sarà mai.

Gli esempi sono tanti, troppi, e accendono un riflettore su uno dei comportamenti più vigliacchi e inaccettabili: tradire la fiducia, la buona fede e il bisogno di chi cerca disperatamente un lavoro. La tendenza Ttt (Truffe, trappole e tranelli spa) è in netta crescita. Le cronache ne sono piene. Spesso tutto parte da un annuncio a pagamento su giornali e periodici oppure sempre più spesso su internet. Si cercano autisti, camerieri, operai, tecnici. Si cercano anche piloti, come è successo a un giovane dell’area torinese: selezionato da una scuola di volo inglese, ha inviato 500 euro per le spese di viaggio e soggiorno, ma quando si è presentato all’indirizzo previsto non ha trovato nessuno.

Le più diffuse. Il termometro delle truffe rivela che molti pacchi, doppi pacchi e contropaccotti, come insegna “Totòtruffa 62”, film di grande chiaroveggenza del 1961, vengono oggi confezionati grazie alla rete, popolata da truffatori di professione. Ci cascano aspiranti postini, giovani neo-laureati, professori precari o senza cattedra. Si allungano anche le liste delle truffe più diffuse.

Ai primi posti ci sono le richieste di denaro in cambio di un posto di lavoro, per pagare spese burocratiche o per ungere le ruote a fantomatici potenti; o l’iscrizione a un corso di formazione a pagamento, che garantisce un lavoro che non c’è. Inutile ribadire che il lavoro non ci compera, ma si costruisce. Seguono una miriade di offerte di lavoro a domicilio: dall’assemblaggio di piccoli congegni all’etichettatura di lettere e pacchetti. Qui vengono richieste poche decine di euro, per ricevere inutili kit e scoprire amaramente che è stata solo una perdita di tempo, e di denaro. Un’altra trappola diffusa è quella di pagare per entrare in finte banche dati, che offrono lavoro in cambio del curriculum: qui si scopre che la sedicente banca non ha l’autorizzazione a operare nell’intermediazione ma, soprattutto, non ha alcuna proposta di lavoro da offrire e nessuna azienda da aiutare nella selezione del personale. Per i più giovani, molto attratti da cinema, moda e pubblicità, c’è il magico incontro con il book: un servizio fotografico a proprie spese, di qualche migliaio di euro, per entrare nel dorato mondo dei balocchi perduti.

Proposte d’affari. Per i più intraprendenti il tranello sono le più improbabili proposte d‘affari: diventare socio di un’azienda che distribuisce misteriosi prodotti brevettati; entrare in una catena distributiva di miracolosi elisir o di soluzioni per capelli; trasformarsi in associati in partecipazione in un business che non c’è. L’esborso è a fondo perso e non farà lievitare guadagni né verrà compensato da futuri stipendi. Linee telefoniche a pagamento, che fanno restare appesi a salati tassametri; società di multilevel marketing, che in realtà sono catene di Sant’Antonio (vince chi resta al vertice della piramide, perdono tutti gli altri); borse di studio, stage gratuiti o sottopagati e periodi di prova infiniti e senza stipendio chiudono questa allegoria della cattiveria, che approfitta di chi è in difficoltà e ha bisogno.

Difendersi. Ci si può difendere rivolgendosi agli ispettori del lavoro o ai carabinieri del lavoro. Ma il più delle volte è troppo tardi. Ci si può difendere informandosi e usando prudenza. Se le conosci le eviti. Perseverare è diabolico.

 

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