Come molti sanno, nel 2010 è intervenuto il blocco dei contratti del pubblico impiego che ha congelato gli stipendi dei dipendenti statali. Poiché il rinnovo dei contratti si dovrebbe fare ogni triennio, il contratto del comparto scuola è congelato dal 2009.
Per capire “quanto” ogni singolo dipendente ha perso in termini di potere di acquisto è sufficiente tener conto degli indici ISTAT sulle variazioni dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati (cd. Indice F.O.I).
La Camera di Commercio di Firenze, sul suo sito, mette a disposizione un semplice programmino che, in automatico, calcola la variazione riferita a un determinato periodo a scelta dell’utente: da gennaio 2010 a settembre 2015, la variazione dei prezzi al consumo così calcolata è stata dell’8 percento. E lo scorso luglio 2015, la Corte costituzionale ha giudicato illegittimo la proroga del blocco.
Nessuno spera di rivedere gli arretrati, ma se almeno l’obiettivo fosse quello di far recuperare la differenza di potere di acquisto perso negli anni, sarebbe necessario mettere quell’otto percento in più in busta paga. Che significa almeno ottanta euro netti in più nella busta paga mensile, per ogni mille euro di stipendio. E, per avere gli ottanta euro netti in più, considerata l’imposizione fiscale, per ogni dipendente bisognerebbe stanziare almeno 100 euro lorde in più al mese, ogni mille di stipendio.
Adesso, invece, con la ‘buona’ legge di stabilità 2016 con la quale pure si taglia la tassa della prima casa anche se trattasi di castello o mega villa, sembrerebbe che – il condizionale è d’obbligo perché il testo della legge di stabilità non è ancora disponibile – per il rinnovo dei contratti dei dipendenti statali stiano per arrivare appena 300 milioni di euro. Forse anche meno.
Nel 2013 il numero totale dei dipendenti pubblici era di 3 milioni, 232 mila, 954 unità ma, considerando i pensionamenti e il blocco del turn over, per il nostro calcolo possiamo ritenere attendibile la cifra tonda, che pure ci agevola nei calcoli, di 3 milioni di dipendenti pubblici.
Quindi, dividendo i circa 300 milioni di euro stanziati con la legge di stabilità, per i circa tre milioni di pubblici dipendenti, si ottiene, per il 2016, la ridicola cifra di 100 euro in più per ogni dipendente . Dividendo questo importo per tredici mensilità si arriva alla ridicola cifra di 7 euro e 69 centesimi in più ogni mese. Euro più euro meno. Ovviamente lordi.
E senza rinnovare i contratti, macché: come anticipo in attesa che si attui la legge Brunetta del 2009 (sic!) e la relativa riduzione dei comparti del pubblico impiego. Insomma, il rinnovo dei contratti resta un miraggio.
Senz’altro si dirà che almeno agli insegnanti, per il loro aggiornamento, con la legge così detta buona scuola vengono dati 500 euro l’anno spendibili per l’acquisto di libri, computer, ma anche per andare a teatro. … Certo, ma si dovrebbe anche spiegare che i libri non si mangiano né ti aiutano a pagare le bollette e che, per andare a teatro, un vestito decente un insegnante se lo deve pure poter comprare, mentre spesso, con l’erosione del potere di acquisto che ha subito non arriva a fine mese.
Più che di lotta alla povertà, il rinnovo dei contratti del pubblico impiego con i bruscolini di trecento milioni di euro, agli insegnanti che la matematica di base un po’ la conoscono, sembra una fregatura; un’altra fregatura quasi peggio della buona scuola!