La pressione fiscale in Italia continua a crescere, ma la cosa peggiore è che mostra notevoli squilibri nella distribuzione del carico. Secondo le ultime rilevazioni a pagare sempre di più sono soprattutto i lavoratori dipendenti e i pensionati, presi tra nuove tasse e balzelli più o meno diretti. In pratica, nell’ultimo decennio si calcola che la pressione fiscale dal 2002 ad oggi sia salita dal 40,5% al 45,1%.
Se nel 2003 i redditi da lavoro dipendente e da pensione rappresentavano il 79,66% del totale dichiarato, questa percentuale è salita nel 2010 all’81,55%, con un aumento correlato dell’Irpef versata dal 75,59% al 78,42%, tre punti dovuti interamente al maggior contributo dei pensionati. Nello stesso periodo il peso degli altri redditi sia sul totale dichiarato sia sull’imposta pagata è calato in maniera significativa: il lavoro autonomo è rimasto a poco più del 4% del reddito totale dichiarato con imposta pagata di poco superiore al 6%, mentre i redditi d’impresa dal 4,5% sono scesi fino al 3,81% del 2010 (con imposta al 3,9% nel 2010).
Un dato importante per analizzare al meglio l’evoluzione delle cifre: “il peso del lavoro dipendente e delle pensioni resta dominante anche nelle classi di reddito più elevate. In particolare, nella classe con aliquota al 41% (da 55 mila a 75 mila euro), le due componenti ammontano a circa il 70%. Anche nella fascia oltre i 200 mila euro di reddito la metà è rappresentato da dipendenti e pensionati”. I tartassati sono sempre i soliti oppure tra professionisti e aziende ci sono i soliti furbi che evadono le tasse?