I bilanci delle Province hanno l’acqua alla gola. DA GIUGNO A RISCHIO IL PAGAMENTO DEGLI STIPENDI AI DIPENDENTI

I bilanci delle Province hanno l’acqua alla gola, perché la stretta finanziaria da un miliardo imposta dall’ultima legge di stabilità è arrivata molto prima dell’alleggerimento di funzioni e personale che avrebbe dovuto renderla sostenibile. In questo quadro, i bilanci sono in «progressivo deterioramento», ed è urgente una «manovra di riallineamento» fra risorse e competenze per evitare effetti a catena che minerebbero gli esiti stessi della riforma.lavoratori alitalia

Il documento
La relazione sul «riordino delle Province» diffusa alcuni giorni fa dalla Corte dei conti è di quelle che lasciano il segno, anche perché non risparmia nessuna delle responsabilità diffuse fra Governo, Parlamento e Regioni su una riforma che per mesi ha occupato il palco centrale nel teatro del dibattito politico. L’A.S.La COBAS legge nella relazione la conferma del rischio  di un possibile blocco del pagamento degli stipendi, già a partire da giugno negli enti più in difficoltà .
Resta il fatto, però, che la “scommessa” lanciata dalla legge di stabilità è per ora lontana dal successo. Proprio per accelerare i processi di mobilità, l’ultima manovra ha ridotto di un miliardo i fondi delle Province sulla base del fatto che il «costo efficiente» delle funzioni residue degli enti di area vasta sarebbe stato del tutto finanziabile con i 2,4 miliardi rimasti nelle entrate degli enti. Fino a oggi, però, né un dipendente né una funzione ha abbandonato le Province, e secondo i magistrati contabili questa immobilità «è destinata a protrarsi».


A bloccare la riorganizzazione della geografia istituzionale, che dovrebbe spostare competenze e personale alle altre Pa, sono prima di tutto le Regioni. Finora solo quattro consigli regionali (Liguria, Toscana, Umbria e Marche) hanno approvato le leggi attuative della riforma Delrio, mentre negli altri casi i progetti sono al massimo passati in Giunta. Le leggi regionali, approvate o in cantiere, si sono però limitate ad avviare una catena dei rinvii che rimanda a provvedimenti successivi la ricollocazione di servizi, soldi e dipendenti. Scorrendo le leggi regionali, la Corte dei conti ha trovato «incertezze nell’individuazione della nuova titolarità delle funzioni», «mancata considerazione dello stretto legame previsto dalla riforma tra funzioni, risorse, patrimonio e personale» e la «mancata attuazione del principio di sussidiarietà», con la conseguenza di un «diffuso accentramento in capo alle Regioni delle funzioni amministrative». In pratica, dalla (lenta) applicazione di queste riforme scaturirebbe un neo-centralismo regionale con cui i Governatori accentrano potere ma tengono lontano l’onere finanziario legato al personale.
Il cammino dell’attuazione denuncia però più di un ritardo anche a livello centrale

Il decreto sulle tabelle di equiparazione, atteso da sei anni ma essenziale per attuare gli spostamenti fra diversi compartimenti pubblici che dovrebbe portare verso lo Stato una quota dei dipendenti provinciali, ha superato l’esame della Conferenza unificata e attende ora la registrazione della corte dei conti, ma manca ancora il provvedimento con i criteri per la mobilità. Il mancato incastro di questi ingranaggi finisce per caricare sulle Province spese che non dovrebbero più sostenere, e per la Corte va messa subito una pezza. Senza contare che, per i prossimi due anni, l’ultima legge di stabilità ha messo in calendario un taglio ulteriore da due miliardi a regime. Ma questa è un’altra storia.

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