25 APRILE E 1 MAGGIO PER I LAVORATORI

Resistenza/Liberazione. Due parole che fanno tutt’uno, per ricordarci ragazzi e ragazze che nel periodo 1943-1945, anni finali della seconda guerra mondiale, scatenata dal fascismo e dal nazismo, si ribellarono con gli scioperi, con la guerriglia partigiana, con l’insurrezione di intere città per cacciare il fascismo che li stava opprimendo, per cacciare dall’Italia le truppe naziste tedesche che l’avevano occupata (per dare manforte al loro alleato Mussolini e permettergli di proseguire nei suoi crimini) e che stavano facendo stragi sulle popolazioni, come a S. Anna di Stazzema, a Marzabotto e in altre decine di paesi.

Vinsero, questi ragazzi e queste ragazze. La loro resistenza condusse a un’Italia in qualche modo libera, dove però i padroni, i partiti loro amici, i loro governi ripresero presto in mano la situazione. Non riuscirono a imporre di nuovo il fascismo, ma ci provarono, in particolare con le decine e decine di lavoratori in lotta ammazzati dalla polizia, e calpestarono i principi della Costituzione tesi a tutelare il lavoro e a sviluppare la democrazia, finché il lavoro subordinato fu svuotato di ogni diritto, fino alle controriforme del governo Monti, che hanno riportato la ruota della storia del lavoro indietro, indietro, al 1800.

Il 25 Aprile di questi ultimi anni avrebbe dovuto, oltre che festeggiare la LIBERAZIONE del 1945, rimettere all’ordine del giorno la RESISTENZA. Una resistenza sociale contro lo sfruttamento sempre più massacrante del lavoro; contro le politiche liberticide, soprattutto in materia di lavoro sotto padrone; contro la legislazione dei governi che, in particolare negli ultimi decenni, hanno avuto mano libera dal sistema dei partiti (anche quelli di centro-sinistra) e da quello dei sindacati ufficiali per devastare la nostra condizione lavorativa, negarci ogni rispetto come lavoratori e lavoratrici, scipparci perfino la dignità.

Questo 25 Aprile ci vogliono obbligare a lavorare, per piegarci alla loro logica di profitto, per umiliarci come lavoratori e persone, in questo legittimati dai contratti nazionali e integrativi siglati da Cgil, Cisl e Uil che hanno ormai introdotto l’obbligo del lavoro per moltissimi giorni segnati in rosso sul calendario.

Le liberalizzazioni delle aperture degli esercizi commerciali non solo distruggono l’ambiente familiare obbligandoci a lavorare la domenica, ma, come nel caso del 25 Aprile e 1 Maggio, tendono a distruggere la nostra memoria storica.

Per non parlare dei problemi quotidiani relativi al rapporto di lavoro nel settore commercio, dove l’aumento dei carichi di lavoro si unisce alla precarietà del lavoro, ai bassi salari, a un clima da caserma, che rende sempre più difficile opporsi ad angherie e prepotenze senza rischiare ritorsioni (provvedimenti disciplinari, anche a base di multe e sospensioni, licenziamenti resi sempre più praticabili dalle normative in materia di lavoro, che hanno annullato i diritti conquistati in decenni di lotte).

Il 25 aprile e il 1 maggio non si lavora.

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