I soldi non arrivano e l’azienda chiude

Questa è l’amara storia di Gianni Verzelloni che, fino allo scorso mese di gennaio, presiedeva la Esa Gv, fondata nel 1962 a Campogalliano, esanel modenese, software e apparecchiature hi-tech per l’automazione industriale e il controllo numerico. Racconta l’imprenditore: «Per salvare i 39 dipendenti con le loro famiglie e la manciata di clienti e fornitori che senza di noi sarebbero falliti ho scelto la soluzione per me più penalizzante, dopo che a novembre 2011 il pool di banche con cui avevo ristrutturato un debito di 5 milioni mi ha mollato. Così ho spaccato in due l’azienda, ho chiesto il concordato preventivo per Esa Gv, dando in garanzia la parte immobiliare, affittando tutti gli asset aziendali a una nuova società, la Esa Automation, affidandola al mio direttore e facendo riassumere tutti i dipendenti».

«A fine 2002 il progetto di un sistema optoelettronico di misurazione viene protocollato dal Miur con il numero 12.879 – precisa Verzelloni – ma ci vogliono cinque anni per l’approvazione del Comitato tecnico-scientifico del ministero. Inizio a lavorarci, era il 2007, davanti alla garanzia di 650mila euro a fondo perduto e di un milione e mezzo a tasso agevolato su un investimento complessivo di 3 milioni. Dedico al progetto tutti i miei risparmi, ma per avere ulteriori fondi dal sistema creditizio bisogna che il decreto vada in Gazzetta». Il che si verifica solo nell’agosto 2010, nei 60 giorni seguenti dovrebbero arrivare i fondi ministeriali.

Ma quei 2,1 milioni di finanziamento pubblico alla Esa Gv non sono mai arrivati, il progetto è concluso, intanto è arrivato, come un ciclone, la crisi. «Nel 2009 abbiamo perso il 30% del fatturato rispetto all’anno prima, scendendo a 5,6 milioni, anche i dipendenti si sono spinti a concedermi dilazioni sui pagamenti degli stipendi. Nel 2010 abbiamo recuperato quasi tutto il “buco”, con una crescita del 40%, grazie al traino di clienti in Brasile, Cina e Turchia. E un altro +20% l’anno scorso, raggiungendo gli 8 milioni di fatturato, per i due terzi in export».

Ma le sei banche, che fino al 2010 lo avevano sostenuto, davanti al fatturato in ascesa iniziano a nicchiare. Verzelloni concorda una ristrutturazione del debito di 5 milioni, spostandolo in avanti di 12 anni. Passano i mesi, le vendite crescono, ma la liquidità è erosa dagli interessi e, anche se tutti i crediti dei clienti sono assicurati, quei 2,1 milioni salvifici del Miur non arrivano. A novembre 2011 le banche chiedono il rientro, a dicembre la società va in liquidazione. Morale: il progetto di ricerca ormai è da buttare e i soldi del Miur, se mai arriveranno, non potranno essere riconosciuti a Esa Automation. Conclude Verzelloni: «I 650mila euro a fondo perduto finiranno nel concordato preventivo. A me resta la consolazione di avere la coscienza a posto e il rispetto dei miei ex dipendenti».

FONTE: http://www.ilsole24ore.com

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