Non è del tutto condivisibile che lo stallo che da circa 60 giorni blocca il regolare funzionamento delle istituzioni si attribuisca, sic et simpliciter,
alla mancanza di una maggioranza al Senato, perché la crisi di governabilità, a seguito del mutamento degli equilibri politici, è divenuta strutturale: il voto del 24 e 25 ha bocciato il bipolarismo muscolare su cui Destra e Sinistra hanno costruito per anni le loro fortune. I cittadini, infatti, hanno ridimensionato Pd e Pdl e premiato un altro polo, quello del M5S, senza dare a nessuno dei tre la maggioranza. In tal modo è divenuto necessario per il Pd, anche se autosufficiente alla Camera grazie al premio di maggioranza, stipulare un’alleanza con uno degli altri due per formare il Governo, come avveniva nella Prima repubblica con il sistema elettorale proporzionale. Ciò nonostante, i leaders politici, anziché prendere atto della mutata volontà popolare, hanno ingaggiato un duello alla messicana, anche se in questo caso, per dirla con Sergio Leone, si tratta di un triello (cosi si intitola la scena finale del film Il bello, il cattivo e il brutto): si puntano l’uno contro l’altro l’arma della polemica offensiva, controllandosi nell’immobilità dell’attesa. Mentre i rispettivi partiti assistono muti, non avendo la forza e l’autonomia di intervenire perché Grillo e Berlusconi hanno il pieno controllo del M5S e del Pdl e Bersani quello del Pd nel quale, però, vanno finalmente affiorando opinioni diverse di non poco conto. In tale contesto, l’iniziativa dei parlamentari del M5S di occupare le Camere ha avuto grande e meritato rilievo ma deve far riflettere: il mancato insediamento delle Commissioni parlamentari, per cui protestano, è dovuta al ritardo nella formazione del nuovo Governo, quindi logica avrebbe voluto che manifestassero il loro dissenso occupando Palazzo Chigi che è la sede del Consiglio dei Ministri, invece hanno preso di mira il luogo delle leggi. Hanno fatto, cioè, una scelta che ha un chiaro significato politico. Non ritengono di essere stati eletti per dare un Governo al Paese, ma per discutere, legiferare, vigilare ed esercitare il sindacato ispettivo (i compiti delle Camere), per indebolire e mandare a casa gli altri parti. Operano per fare esplodere una crisi totale del sistema affinché gli italiani si riconoscano solo nel M5S e in un capo, Grillo. Hanno, perciò, una qualche ragione coloro che nell’analizzare questo fenomeno richiamano il periodo della Storia della Germania conosciuto come Repubblica di Weimar, dal nome della città dove si tenne nel 1919 un’assemblea nazionale per redigere una nuova costituzione e instaurare la democrazia liberale che non ebbe, però, vita facile: travolta dalle tensioni sociali e dai conflitti interni ai partiti si esaurì nel 1933 con l’ascesa al potere di Adolf Hitler. Certo, l’Italia non è a questo punto, Grillo non è Hitler e i tempi sono cambiati, ma la crisi e il contrasto tra le forze politiche rendono il M5S un pericolo reale perché prevede e propone una democrazia del Web il cui popolo non coincide con il popolo democratico: é un fantasma comunitario, magmatico e indefinito che si presta ad essere sfruttato da leaders carismatici(vedi Grillo e Berlusconi), per i quali i sondaggi sono imperativi di una volontà collettiva. Sottintende, cioè, una concezione apparentemente liberatrice che evoca l’Agorà di Atene e la democrazia diretta ma, di fatto, tende a trasferire la battaglia politica dalla realtà al virtuale. Come, in qualche modo, sta avvenendo tra la task forcegrillina, costituita da 400 militanti, che da tre anni opera contro i partiti, è un gruppo di specialisti del Pd costituito da qualche mese per seminare scompiglio nelle file avversarie ( i Troll esistono ormai dall’una e dall’altra parte). Ebbene, fermo restando che la tecnologia è parte della modernità politica, c’è il fondato pericolo che questo metodo di lotta, se applicato disinvoltamente, possa risultare pregiudizievole per la sovranità popolare e in particolare per la sinistra democratica che “è (o dovrebbe essere ?) più partito degli altri partiti”.
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