LEGGE 626/94: SICUREZZA SUL LAVORO

 

                           IL TESTO DELLA LEGGE 626/94




ART. 1 – Campo di applicazione

1. Il presente decreto legislativo prescrive misure per la tutela della salute e per la sicurezza dei lavoratori durante il lavoro, in tutti i settori di attività privati o pubblici.

2. Nei riguardi delle Forze Armate e di Polizia e dei servizi di protezione civile, le norme del presente decreto sono applicate tenendo conto delle particolari esigenze connesse al servizio espletato e delle attribuzioni loro proprie, individuate con decreto del Ministro competente di concerto con i Ministri del lavoro e della previdenza sociale, della sanità e della funzione pubblica.

3. Nei riguardi dei lavoratori di cui alla legge 18 dicembre 1973, n. 877, nonché dei lavoratori con rapporto contrattuale privato di portierato, le norme del presente decreto si applicano nei casi espressamente previsti.

4. Le disposizioni di cui al presente decreto si applicano nelle regioni a statuto speciale e nelle province autonome di Trento e Bolzano compatibilmente con i rispettivi statuti e relative norme di attuazione.

ART. 2 – Definizioni

1. Agli effetti delle disposizioni di cui al presente decreto si intendono per:

a) lavoratore: persona che presta il proprio lavoro alle dipendenze di un datore di lavoro, esclusi gli addetti ai servizi domestici e familiari, con rapporto di lavoro subordinato anche speciale. Sono equiparati i soci lavoratori di cooperative o di società, anche di fatto, e gli utenti dei servizi di orientamento o di formazione scolastica, universitaria e professionale avviati presso datori di lavoro per agevolare o per perfezionare le loro scelte professionali. Sono altresì equiparati gli allievi degli istituti di istruzione ed universitari, e i partecipanti a corsi di formazione professionale nei quali si faccia uso di laboratori, macchine, apparecchi ed attrezzature di lavoro in genere, agenti chimici, fisici e biologici;

b) datore di lavoro: qualsiasi persona fisica o giuridica o soggetto pubblico che è titolare del rapporto di lavoro con il lavoratore e abbia la responsabilità dell’impresa ovvero dello stabilimento;

c) servizio di prevenzione e protezione dai rischi: insieme delle persone, sistemi e mezzi esterni o interni all’azienda finalizzati all’attività di prevenzione e protezione dai rischi professionali nell’azienda, ovvero unità produttiva;

d) medico competente: medico in possesso di uno dei seguenti titoli:

1) specializzazione in medicina del lavoro o in medicina preventiva dei lavoratori e psicotecnica o in tossicologia industriale o specializzazione equipollente;

2) docenza o libera docenza in medicina del lavoro o in medicina preventiva dei lavoratori e psicotecnica o in tossicologia industriale o in igiene industriale o in fisiologia ed igiene del lavoro;

3) autorizzazione di cui all’art. 55 del Decreto legislativo 15 agosto 1991, n. 277;

e) responsabile del servizio di prevenzione e protezione: persona designata dal datore di lavoro in possesso di attitudini e capacità adeguate;

f) rappresentante dei lavoratori per la sicurezza: persona, ovvero persone, elette o designate per rappresentare i lavoratori per quanto concerne gli aspetti della salute e sicurezza durante il lavoro;

g) prevenzione: il complesso delle disposizioni o misure adottate o previste in tutte le fasi dell’attività lavorativa per evitare o diminuire i rischi professionali nel rispetto della salute della popolazione e dell’integrità dell’ambiente esterno;

h) agente: l’agente chimico, fisico o biologico, presente durante il lavoro e potenzialmente dannoso per la salute.

ART. 3 -Misure generali di tutela

1. Le misure generali per la protezione della salute e per la sicurezza dei lavoratori sono:

a) valutazione dei rischi per la salute e la sicurezza;

b) eliminazione dei rischi in relazione alle conoscenze acquisite in base al progresso tecnico e, ove ciò non è possibile, loro riduzione al minimo;

c) riduzione dei rischi alla fonte;

d) programmazione della prevenzione mirando ad un complesso che integra in modo coerente nella prevenzione le condizioni tecniche produttive ed organizzative dell’azienda nonché l’influenza dei fattori dell’ambiente di lavoro;

e) sostituzione di ciò che è pericoloso con ciò che non lo è, o è meno pericoloso;

f) rispetto dei principi ergonomici nella concezione dei posti di lavoro, nella scelta delle attrezzature e nella definizione dei metodi di lavoro e produzione, anche per attenuare il lavoro monotono e quello ripetitivo;

g) priorità delle misure di protezione collettiva rispetto alle misure di protezione individuale;

h) limitazione al minimo del numero dei lavoratori che sono, o che possono essere, esposti al rischio;

i) utilizzo limitato degli agenti chimici, fisici e biologici, sui luoghi di lavoro;

l) controllo sanitario dei lavoratori in funzione dei rischi specifici;

m) allontanamento del lavoratore dall’esposizione a rischio, per motivi sanitari inerenti alla sua persona;

n) misure igieniche;

o) misure di protezione collettiva ed individuale;

p) misure di emergenza da attuare in caso di pronto soccorso, di lotta antincendio, di evacuazione dei lavoratori e di pericolo grave ed immediato;

q) uso di segnali di avvertimento e di sicurezza;

r) regolare manutenzione di ambienti, attrezzature, macchine ed impianti, con particolare riguardo ai dispositivi di sicurezza in conformità alla indicazione dei fabbricanti;

s) informazione, formazione, consultazione e partecipazione dei lavoratori ovvero dei loro rappresentanti, sulle questioni riguardanti la sicurezza e la salute sul luogo di lavoro;

t) istruzioni adeguate ai lavoratori.

2. Le misure relative alla sicurezza, all’igiene ed alla salute durante il lavoro non devono in nessun caso comportare oneri finanziari per i lavoratori.

ART. 4 – Obblighi del datore di lavoro, del dirigente e del preposto

1. Il datore di lavoro è tenuto all’osservanza delle misure generali di tutela previste dall’art. 3 e, in relazione alla natura dell’attività dell’azienda ovvero dell’unità produttiva, deve valutare, nella scelta delle attrezzature di lavoro e delle sostanze o dei preparati chimici impiegati, nonché nella sistemazione dei luoghi di lavoro, i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori, ivi compresi quelli riguardanti i gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari.

2. All’esito della valutazione di cui al comma 1, il datore di lavoro elabora un documento contenente:

a) una relazione sulla valutazione dei rischi per la sicurezza e la salute durante il lavoro, nella quale sono specificati i criteri adottati per la valutazione stessa;

b) l’individuazione delle misure di prevenzione e di protezione attuate in conseguenza della valutazione di cui alla lettera a), nonché delle attrezzature di protezione utilizzate;

c) il programma di attuazione delle misure di cui alla lettera b).

3. Il documento è custodito presso l’azienda ovvero unità produttiva.

4. Il datore di lavoro designa gli addetti al servizio di prevenzione e protezione ed il relativo responsabile o incarica persone o servizi esterni all’azienda, e nomina, nei casi previsti dall’art. 16, il medico competente.

5. Il datore di lavoro, il dirigente e il preposto che esercitano, dirigono o sovraintendono le attività indicate all’art. 1, nell’ambito delle rispettive attribuzioni e competenze, adottano le misure necessarie per la sicurezza e la salute dei lavoratori, ed in particolare:

a) designano i lavoratori incaricati dell’attuazione delle misure di prevenzione incendi, di evacuazione dei lavoratori in caso di pericolo grave ed immediato e di pronto soccorso;

b) aggiornano le misure di prevenzione in relazione ai mutamenti organizzativi e produttivi che hanno rilevanza ai fini della salute e della sicurezza del lavoro, ovvero in relazione al grado di evoluzione della tecnica, della prevenzione e della protezione;

c) nell’affidare i compiti ai lavoratori tengono conto delle capacità e delle condizioni degli stessi in rapporto alla loro salute e alla sicurezza;

d) forniscono ai lavoratori i necessari ed idonei mezzi di protezione;

e) prendono le misure appropriate affinché soltanto i lavoratori che hanno ricevuto adeguate istruzioni accedano alle zone che li espongono ad un rischio grave e specifico;

f) richiedono l’osservanza da parte dei singoli lavoratori delle norme e delle disposizioni aziendali in materia di sicurezza e di uso dei mezzi di protezione collettivi ed individuali messi a loro disposizione;

g) richiedono l’osservanza da parte del medico competente degli obblighi previsti dal presente decreto, informandolo sui processi e sui rischi connessi all’attività produttiva;

h) adottano le misure per il controllo per le situazioni di rischio in caso di emergenza e danno istruzioni affinché i lavoratori, in caso di pericolo grave, immediato ed inevitabile, abbandonino il posto di lavoro o la zona pericolosa;

i) informano il più presto possibile i lavoratori esposti al rischio di un pericolo grave ed immediato circa il rischio stesso e le disposizioni prese o da prendere in materia di protezione;

l) si astengono, salvo eccezioni debitamente motivate, dal richiedere ai lavoratori di riprendere la loro attività in una situazione di lavoro in cui persiste un pericolo grave ed immediato;

m) permettono ai lavoratori di verificare, mediante il rappresentante per la sicurezza, l’applicazione delle misure di sicurezza e di protezione della salute;

n) prendono appropriati provvedimenti per evitare che le misure tecniche adottate possono causare rischi per la salute della popolazione o deteriorare l’ambiente esterno;

o) tengono un registro nel quale sono annotati cronologicamente gli infortuni sul lavoro che comportano un’assenza dal lavoro superiore a tre giorni, compreso quello dell’evento. Nel registro sono annotati il nome, il cognome, la qualifica professionale dell’infortunato, le cause e le circostanze dell’infortunio, nonché la data di abbandono e di ripresa del lavoro. Il registro sul luogo di lavoro è tenuto conformemente al modello approvato con decreto del

Ministro del lavoro e della previdenza sociale, sentita la commissione consultiva permanente di cui all’articolo 394 del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547, ed è conservato sul luogo di lavoro, a disposizione dell’organo di vigilanza;

p) consultano il rappresentante per la sicurezza nei casi previsti dall’articolo 19, comma 1, lettere b), c) e d);

q) adottano le misure necessarie ai fini della prevenzione incendi e dell’evacuazione dei lavoratori, nonché per il caso di pericolo grave ed immediato. Tali misure devono essere adeguate alla natura dell’attività, alle dimensioni dell’azienda ovvero dell’unità produttiva, e al numero delle persone presenti.

6. Il datore di lavoro effettua la valutazione di cui al comma 1 ed elabora il documento di cui al comma 2 in collaborazione con il responsabile del servizio di prevenzione e protezione e con il medico competente, previa consultazione del rappresentante per la sicurezza.

7. La valutazione di cui al comma 1 ed il documento di cui al comma 2 sono rielaborati in occasione di modifiche del processo produttivo significative ai fini della sicurezza e della salute dei lavoratori.

8. Al momento della risoluzione del rapporto di lavoro, il datore di lavoro consegna al lavoratore copia della cartella sanitaria e di rischio.

9. Per le piccole e medie aziende, con decreto dei Ministri del lavoro e della previdenza sociale, dell’industria, del commercio e dellartigianato e della sanità, sentita la Commissione consultiva permanente per la prevenzione degli infortuni e per l’igiene del lavoro, in relazione alla natura dell’attività e alle dimensioni dell’azienda, ad eccezione delle attività industriali di cui all’art. 1 del decreto del Presidente della Repubblica del 17 maggio 1988, n. 175, delle centrali termoelettriche, degli impianti e laboratori nucleari, delle aziende estrattive e altre attività minerarie, delle aziende per la fabbricazione e il deposito separato di esplosivi, polveri e munizioni, sono definiti:

a) procedure standardizzate per gli adempimenti documentali di cui al presente articolo;

b) i casi, relativi ad ipotesi di scarsa pericolosità, nei quali è possibile lo svolgimento diretto dei compiti di prevenzione e protezione oltre i limiti di addetti di cui all’allegato I;

c) i casi in cui è possibile la riduzione ad una sola volta all’anno della visita, di cui all’art. 17, lettera h), degli ambienti di lavoro da parte del medico competente, ferma restando l’obbligatorietà di visite ulteriori, allorché si modificano le situazioni di rischio.

10. Il decreto di cui al comma 9 deve essere emanato entro otto mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto.

ART. 5 – Obblighi dei lavoratori

1. Ciascun lavoratore deve prendersi cura della propria sicurezza e della propria salute e di quella delle altre persone presenti sul luogo di lavoro, su cui possono ricadere gli effetti delle sue azioni o omissioni, conformemente alla sua formazione ed alle istruzioni e ai mezzi forniti dal datore di lavoro.

2. In particolare i lavoratori:

a) osservano le disposizioni e le istruzioni impartite dal datore di lavoro, dai dirigenti e dai preposti, ai fini della protezione collettiva ed individuale;

b) utilizzano correttamente i macchinari, le apparecchiature, gli utensili, le sostanze e i preparati pericolosi, i mezzi di trasporto e le altre attrezzature di lavoro, nonché i dispositivi di sicurezza;

c) utilizzano in modo appropriato i dispositivi di protezione messi a loro disposizione;

d) segnalano immediatamente al datore di lavoro, al dirigente o al preposto le deficienze dei mezzi e dispositivi di cui alle lettere b) e c), nonché le altre eventuali condizioni di pericolo di cui vengono a conoscenza, adoperandosi direttamente, in caso di urgenza, nell’ambito delle loro competenze e possibilità, per eliminare o ridurre tali deficienze o pericoli, dandone notizia al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza;

e) non rimuovono o modificano senza autorizzazione i dispositivi di sicurezza o di segnalazione o di controllo;

f) non compiono di propria iniziativa operazioni o manovre che non sono di loro competenza ovvero che possono compromettere la sicurezza propria o di altri lavoratori;

g) si sottopongono ai controlli sanita-

ri previsti nei loro confronti;

h) contribuiscono, insieme al datore di lavoro, ai dirigenti e ai preposti, all’adempimento di tutti gli obblighi imposti dall’autorità competente o comunque necessari per tutelare la sicurezza e la salute dei lavoratori durante il lavoro.

ART. 6 – Obblighi dei progettisti, dei fabbricanti, dei fornitori e degli installatori

1. I progettisti dei luoghi o posti di lavoro e degli impianti rispettano i principi generali di prevenzione in materia di sicurezza e di salute al momento delle scelte progettuali e tecniche e scelgono macchine nonché dispositivi di protezione rispondenti ai requisiti essenziali di sicurezza previsti nella legislazione vigente.

2. Sono vietati la vendita, il noleggio, la concessione in uso e la locazione finanziaria di macchine, attrezzature di lavoro e di impianti non rispondenti alla legislazione vigente.

3. Gli installatori e montatori di impianti, macchine o altri mezzi tecnici devono attenersi alle norme di sicurezza e di igiene del lavoro, nonché alle istruzioni fornite dai rispettivi fabbricanti dei macchinari e degli altri mezzi tecnici per la parte di loro competenza.

ART. 7 – Contratto di appalto o contratto d’opera

1. Il datore di lavoro, in caso di affidamento dei lavori all’interno dell’azienda, ovvero dell’unità produttiva, ad imprese appaltatrici o a lavoratori autonomi:

a) verifica, anche attraverso l’iscrizione alla camera di commercio, industria e artigianato, l’idoneità tecnico-professionale delle imprese appaltatrici o dei lavoratori autonomi in relazione ai lavori da affidare in appalto o contratto d’opera;

b) fornisce agli stessi soggetti dettagliate informazioni sui rischi specifici esistenti nell’ambiente in cui sono destinati ad operare e sulle misure di prevenzione e di emergenza adottate in relazione alla propria attività;

2. Nell’ipotesi di cui al comma 1 i datori di lavoro:

a) cooperano all’attuazione delle misure di prevenzione e protezione dai rischi sul lavoro incidenti sull’attività lavorativa oggetto dell’appalto;

b) coordinano gli interventi di protezione e prevenzione dai rischi cui sono esposti i lavoratori, informandosi reciprocamente anche al fine di eliminare rischi dovuti alle interferenze tra i lavori delle diverse imprese coinvolte nell’esecuzione dell’opera complessiva.

3. Il datore di lavoro promuove il coordinamento di cui al comma 2, lettera b). Tale obbligo non si estende ai rischi specifici propri dell’attività delle imprese appaltatrici o dei singoli lavoratori autonomi.

ART. 8 – Servizio di prevenzione e protezione

1. Salvo quanto previsto dall’art. 10, il datore di lavoro organizza all’interno dell’azienda, ovvero dell’unità produttiva, il servizio di prevenzione e protezione, o incarica persone o servizi esterni all’azienda, secondo le regole di cui al presente articolo.

2. Il datore di lavoro designa all’interno dell’azienda ovvero dell’unità produttiva, una o più persone da lui dipendenti per l’espletamento dei compiti di cui all’articolo 9, tra cui il responsabile del servizio in possesso di attitudini e capacità adeguate, previa consultazione del rappresentante per la sicurezza.

3. I dipendenti di cui al comma 2 devono essere in numero sufficiente, possedere le capacità necessarie e disporre di mezzi e di tempo adeguati per lo svolgimento dei compiti loro assegnati. Essi non possono subire pregiudizio a causa dell’attività svolta nell’espletamento del proprio incarico.

4. Il datore di lavoro può avvalersi di persone esterne all’azienda in possesso delle conoscenze professionali necessarie per integrare l’azione di prevenzione e protezione.

5. L’organizzazione del servizio di prevenzione e protezione all’interno dell’azienda, ovvero dell’unità produttiva, è comunque obbligatoria nei seguenti casi:

a) nelle aziende industriali di cui all’art. 1 del decreto del Presidente della Repubblica 17 maggio 1988, n. 175;

b) nelle centrali termoelettriche;

c) negli impianti e laboratori nucleari;

d) nelle aziende per la fabbricazione ed il deposito separato di esplosivi, polveri e munizioni;

e) nelle aziende industriali con oltre 200 lavoratori dipendenti;

f) nelle industrie estrattive con oltre 50 lavoratori dipendenti.

6. Se la capacità dei dipendenti all’interno dell’azienda ovvero dell’unità produttiva, sono insufficienti, il datore di lavoro può far ricorso a persone o servizi esterni all’azienda, previa consultazione del rappresentante per la sicurezza.

7. Il servizio esterno deve essere adeguato alle caratteristiche dell’azienda, ovvero unità produttiva, a favore della quale è chiamato a prestare la propria opera, anche con riferimento al numero degli operatori.

8. Il responsabile del servizio esterno deve possedere attitudini e capacità adeguate.

9. Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, con decreto di concerto con i Ministri della sanità e dell’industria, del commercio e dell’artigianato, sentita la commissione consultiva permanente, può individuare specifici requisiti, modalità e procedure, per la certificazione dei servizi, nonché il numero minimo degli operatori di cui ai commi 3 e 7.

10. Qualora il datore di lavoro ricorra a persone o servizi esterni egli non è per questo liberato dalla propria responsabilità in materia.

11. Il datore di lavoro comunica all’ispettorato del lavoro e alle unità sanitarie locali territorialmente competenti il nominativo della persona designata come responsabile del servizio di prevenzione e protezione interno ovvero esterno all’azienda. Tale comunicazione è corredata da una dichiarazione nella quale si attesti con riferimento alle persone designate:

a) i compiti svolti in materia di prevenzione e protezione;

b) il periodo nel quale tali compiti sono stati svolti;

c) il curriculum professionale.

ART. 9 – Compiti del servizio di prevenzione e protezione

1. Il servizio di prevenzione e protezione dai rischi professionali provvede:

a) all’individuazione dei fattori di rischio, alla valutazione dei rischi e all’individuazione delle misure per la sicurezza e la salubrità degli ambienti di lavoro, nel rispetto della normativa vigente sulla base della specifica conoscenza dell’organizzazione aziendale;

b) ad elaborare, per quanto di competenza, le misure preventive e protettive e i sistemi di cui all’art. 4, comma 2, lettera b) e i sistemi di controllo di tali misure;

c) ad elaborare le procedure di sicurezza per le varie attività aziendali;

d) a proporre i programmi di informazione e formazione dei lavoratori;

e) a partecipare alle consultazioni in materia di tutela della salute e di sicurezza di cui all’art. 11;

f) a fornire ai lavoratori le informazioni di cui all’art. 21.

2. Il datore di lavoro fornisce ai servizi di prevenzione e protezione informazioni in merito a:

a) la natura dei rischi;

b) l’organizzazione del lavoro, la programmazione e l’attuazione delle misure preventive e protettive;

c) la descrizione degli impianti e dei processi produttivi;

d) i dati del registro degli infortuni e delle malattie professionali;

e) le prescrizioni degli organi di vigilanza.

3. I componenti del servizio di prevenzione e protezione e i rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza sono tenuti al segreto in ordine ai processi lavorativi di cui vengono a conoscenza nell’esercizio delle funzioni di cui al presente decreto.

4. Il servizio di prevenzione e protezione è utilizzato dal datore di lavoro.

ART. 10 – Svolgimento diretto da parte del datore di lavoro dei compiti di prevenzione e protezione dai rischi

1. Il datore di lavoro può svolgere direttamente i compiti propri del servizio di prevenzione e protezione dai rischi nonché di prevenzione incendi e di evacuazione, nei casi previsti nell’allegato I, dandone preventiva informazione al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza ed alle condizioni di cui ai commi successivi. Esso può avvalersi della facoltà di cui all’art. 8, comma 4.

2. Il datore di lavoro che intende svolgere i compiti di cui al comma 1, deve frequentare apposito corso di formazione in materia di sicurezza e salute sul luogo di lavoro, promosso anche dalle associazioni dei datori di lavoro e trasmettere all’organo di vigilanza competente per territorio:

a) una dichiarazione attestante la capacità di svolgimento dei compiti di prevenzione e protezione dai rischi;

b) il documento di cui all’art. 4, commi 2 e 3;

c) una relazione sull’andamento degli infortuni e delle malattie professionali della propria azienda elaborata in base ai dati degli ultimi tre anni del registro infortuni o, in mancanza dello stesso, di analoga documentazione prevista dalla legislazione vigente;

d) l’attestazione di frequenza del corso di formazione in materia di sicurezza e salute sul luogo di lavoro.

ART. 11 – Riunione periodica di prevenzione e protezione dai rischi

1. Nelle aziende, ovvero unità produttive, che occupano più di 15 dipendenti, il datore di lavoro, direttamente o tramite il servizio di prevenzione e protezione dai rischi, indice almeno una volta all’anno una riunione cui partecipano:

a) il datore di lavoro o un suo rappresentante;

b) il responsabile del servizio di prevenzione e protezione dai rischi;

c) il medico competente ove previsto;

d) il rappresentante per la sicurezza.

2. Nel corso della riunione il datore di lavoro sottopone all’esame dei partecipanti:

a) il documento, di cui all’art. 4, commi 2 e 3;

b) l’idoneità dei mezzi di protezione individuale;

c) i programmi di informazione e formazione dei lavoratori ai fini della sicurezza e della protezione della loro salute.

3. La riunione ha altresì luogo in occasione di eventuali significative variazioni delle condizioni di esposizione al rischio, compresa la programmazione e l’introduzione di nuove tecnologie che hanno riflessi sulla sicurezza e salute dei lavoratori.

4. Nelle aziende, ovvero unità produttive, che occupano fino a 15 dipendenti, nelle ipotesi di cui al comma 3, il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza può chiedere la convocazione di di una apposita riunione.

5. il datore di lavoro, anche tramite il servizio di prevenzione e protezione dai rischi, provvede alla redazione del verbale della riunione che è tenuto a disposizione dei partecipanti per la sua consultazione.

ART. 12 – Disposizioni generali

1. Ai fini degli adempimenti di cui all’art. 4, comma 5, lett. q), il datore di lavoro:

a) organizza i necessari rapporti con i servizi pubblici competenti in materia di pronto soccorso, salvataggio, lotta antincendio e gestione dell’emergenza,

b) designa i lavoratori incaricati di attuare le misure di pronto soccorso, salvataggio, prevenzione incendi, lotta antincendi e gestione dell’emergenza;

c) informa tutti i lavoratori che possono essere esposti ad un pericolo grave ed immediato circa le misure predisposte ed i comportamenti da adottare;

d) programma gli interventi, prende i provvedimenti e dà istruzioni affinché i lavoratori possano, in caso di pericolo grave ed immediato che non può essere evitato, cessare la loro attività, ovvero mettersi al sicuro, abbandonando immediatamente il luogo di lavoro;

e) prende i provvedimenti necessari affinché qualsiasi lavoratore, in caso di pericolo grave ed immediato per la propria sicurezza ovvero per quella di altre persone e nell’impossibilità di contattare il competente superiore gerarchico, possa prendere le misure adeguate per evitare le conseguenze di tale pericolo, tenendo conto delle sue conoscenze e dei mezzi tecnici disponibili.

2. Ai fini delle designazioni di cui al comma 1, lettera b), il datore di lavoro tiene conto delle dimensioni dell’azienda ovvero dei rischi specifici dell’azienda ovverodell’unità produttiva.

3. I lavoratori non possono, se non per giustificato motivo, rifiutare la designazione. Essi devono essere formati, essere in numero sufficiente e disporre di attrezzature adeguate, tenendo conto delle dimensioni ovvero dei rischi specifici dell’azienda ovvero dell’unità produttiva.

4. Il datore di lavoro deve, salvo eccezioni debitamente motivate, astenersi dal chiedere ai lavoratori di riprendere la loro attività in una situazione di lavoro in cui persiste un pericolo grave ed immediato.

ART. 13 – Prevenzione incendi

1. Fermo restando quanto previsto dal decreto del Presidente della Repubblica 29 luglio 1982, n.577, i Ministri dell’interno, del lavoro e della previdenza sociale, in relazione al tipo di attività, al numero dei lavoratori occupati ed ai fattori di rischio, adottano uno o più decreti nei quali sono definiti:

a) criteri diretti ad individuare:

1) misure intese ad evitare l’insorgere di un incendio e a limitarne le conseguenze qualora esso si verifichi;

2) misure precauzionali di esercizio;

3) metodi di controllo e manutenzione degli impianti e delle attrezzature antincendio;

4) criteri per la gestione delle emergenze;

b) le caratteristiche dello specifico servizio di prevenzione e protezione antincendio di cui all’art. 12, compresi i requisiti del personale addetto e la sua formazione.

2. Per il settore minerario il decreto di cui al comma 1 è adottato dai Ministri dell’interno del lavoro e previdenza sociale e dell’industria, del commercio e dellartigianato.

ART. 14 – Diritti dei lavoratori in caso di pericolo grave ed immediato

1. Il lavoratore che, in caso di pericolo grave, immediato e che non può essere evitato, si allontana dal posto di lavoro ovvero da una zona pericolosa, non può subire pregiudizio alcuno e deve essere protetto da qualsiasi conseguenza dannosa.

2. Il lavoratore che, in caso di pericolo grave e immediato è nell’impossibilità di contattare il competente superiore gerarchico, prende misure per evitare le conseguenze di tale pericolo, non può subire pregiudizio per tale azione, a meno che non abbia commesso una grave negligenza.

ART. 15 – Pronto soccorso

1. Il datore di lavoro, tenendo conto della natura dell’attività e delle dimensioni dell’azienda ovvero dell’unità produttiva, sentito il medico competente ove previsto, prende i provvedimenti necessari in materia di pronto soccorso e di assistenza medica di emergenza, tenendo conto delle altre eventuali persone presenti sui luoghi di lavoro e stabilendo i necessari rapporti con i servizi esterni, anche per il trasporto dei lavoratori infortunati.

2. Il datore di lavoro, qualora non vi provveda direttamente, designa uno o più lavoratori incaricati dell’attuazione dei provvedimenti di cui al comma 1.

3. Le caratteristiche minime delle attrezzature di pronto soccorso, i requisiti del personale addetto e la sua formazione sono individuati, in relazione alla natura dell’attività, al numero dei lavoratori occupati e ai fattori di rischio, con decreto dei Ministri della sanità, del lavoro e della previdenza sociale, della funzione pubblica e dell’industria, del commercio e dell’artigianato, sentita la commissione consultiva permanente e il Consiglio superiore di sanità.

4. Fino all’emanazione del decreto di cui al comma 3 si applicano le disposizioni vigenti in materia.

ART. 16 – Contenuto della sorveglianza sanitaria

1. La sorveglianza sanitaria è effettuata nei casi previsti dalla normativa vigente.

2. La sorveglianza di cui al comma 1 è effettuata dal medico competente e comprende:

a) accertamenti preventivi intesi a constatare l’assenza di controindicazioni al lavoro cui i lavoratori sono destinati, ai fini della valutazione della loro idoneità alla mansione specifica;

b) accertamenti periodici per controllare lo stato di salute dei lavoratori ed esprimere il giudizio di idoneità alla mansione specifica.

3. Gli accertamenti di cui al comma 2 comprendono esami clinici e biologici e indagini diagnostiche mirati al rischio ritenuti necessari dal medico competente.

ART. 17 – Il medico competente

1. Il medico competente:

a) collabora con il datore di lavoro e con il servizio di prevenzione e protezione di cui all’art. 8, sulla base della specifica conoscenza dell’organizzazione dell’azienda ovvero dell’unità produttiva e delle situazioni di rischio, alla predisposizione dell’attuazione delle misure per la tutela della salute e dell’integrità psico-fisica dei lavoratori;

b) effettua gli accertamenti sanitari di cui all’art. 16;

c) esprime i giudizi di idoneità alla mansione specifica al lavoro, di cui all’art. 16;

d) istituisce ed aggiorna, sotto la propria responsabilità, per ogni lavoratore sottoposto a sorveglianza sanitaria, una cartella sanitaria e di rischio da custodire presso il datore di lavoro con salvaguardia del segreto professionale;

e) fornisce informazioni ai lavoratori sul significato degli accertamenti sanitari cui sono sottoposti e, nel caso di esposizione ad agenti con effetti a lungo termine, sulla necessità di sottoporsi ad accertamenti sanitari anche dopo la cessazione dell’attività che comporta l’esposizione a tali agenti. Fornisce altresì, a richiesta, informazioni analoghe ai rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza;

f) informa ogni lavoratore interessato dei risultati degli accertamenti sanitari di cui alla lettera b) e, a richiesta dello stesso, gli rilascia copia della documentazione sanitaria;

g) comunica, in occasione delle riunioni di cui all’art. 11, ai rappresentanti per la sicurezza, i risultati anonimi collettivi degli accertamenti clinici e strumentali effettuati e fornisce indicazioni sul significato di detti risultati;

h) congiuntamente al responsabile del servizio di prevenzione e protezione dai rischi, visita gli ambienti di lavoro almeno due volte all’anno e partecipa alla programmazione del controllo dell’esposizione dei lavoratori i cui risultati gli sono forniti con tempestività ai fini delle valutazioni e dei pareri di competenza;

i) fatti salvi i controlli sanitari di cui alla lettera b), effettua le visite mediche richieste dal lavoratore qualora tale richiesta sia correlata ai rischi professionali;

l) collabora con il datore di lavoro alla predisposizione del servizio di pronto soccorso

di cui all’art. 15;

m) collabora all’attività di formazione e informazione di cui al capo VI.

2. Il medico competente può avvalersi, per motivate ragioni, della collaborazione di medici specialisti scelti dal datore di lavoro che ne sopporta gli oneri.

3. Qualora il medico competente, a seguito degli accertamenti di cui all’art. 16, comma 1, lettera b), esprima un giudizio sull’inidoneità parziale o temporanea o totale del lavoratore, ne informa per iscritto il datore di lavoro e il lavoratore.

4. Avverso il giudizio di cui al comma 3 è ammesso ricorso, entro 30 giorni dalla data di comunicazione del giudizio medesimo, all’organo di vigilanza territorialmente competente che dispone, dopo eventuali ulteriori accertamenti, la conferma o la modifica o la revoca del giudizio stesso.

5. Il medico competente svolge la propria opera in qualità di:

a) dipendente da una struttura esterna pubblica o privata convenzionata con l’imprenditore per lo svolgimento dei compiti di cui al presente capo;

b) libero professionista;

c) dipendente del datore di lavoro.

6. Qualora il medico competente sia dipendente del datore di lavoro, questi gli fornisce i mezzi e gli assicura le condizioni necessarie per lo svolgimento dei suoi compiti.

7. Il dipendente di una struttura pubblica non può svolgere l’attività di medico competente ai sensi del comma 5, lettera a), qualora esplichi attività di vigilanza.

ART. 18 – Rappresentante per la sicurezza

1. In tutte le aziende, o unità produttive, è eletto o designato il rappresentante per la sicurezza.

2. Nelle aziende, o unità produttive, che occupano sino a 15 dipendenti il rappresentante per la sicurezza è eletto direttamente dai lavoratori al loro interno. Nelle aziende che occupano fino a 15 dipendenti il rappresentante per la sicurezza può essere individuato per più aziende nell’ambito territoriale ovvero del comparto produttivo. Esso può essere designato o eletto dai lavoratori nell’ambito delle rappresentanze sindacali, così come definite dalla contrattazione collettiva di riferimento.

3. Nelle aziende, ovvero unità produttive, con più di 15 dipendenti il rappresentate per la sicurezza è eletto o designato dai lavoratori nell’ambito delle rappresentanze sindacali in azienda. In assenza di tali rappresentanze, è eletto dai lavoratori dell’azienda al loro interno.

4. Il numero, le modalità di designazione o di elezione del rappresentante per la sicurezza, nonché il tempo di lavoro retribuito e gli strumenti per l’espletamento delle funzioni sono stabiliti in sede di contrattazione collettiva.

5. In caso di mancato accordo nella contrattazione collettiva di cui al comma 4, il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, sentite le parti, stabilisce con proprio decreto, da emanarsi entro tre mesi dalla comunicazione del mancato accordo, gli standards relativi alle materie di cui al comma 4. Per le amministrazioni pubbliche provvede il Ministro per la funzione pubblica sentite le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative sul piano nazionale.

6. In ogni caso il numero minimo dei rappresentanti di cui al comma 1 è il seguente:

a) 1 rappresentante nelle aziende ovvero unità produttive sino a 200 dipendenti;

b) 3 rappresentanti nelle aziende ovvero unità produttive da 201 a 1.000 dipendenti;

c) sei rappresentanti in tutte le altre aziende ovvero unità produttive.

7. Le modalità e i contenuti specifici della formazione del rappresentante per la sicurezza sono stabiliti in sede di contrattazione collettiva nazionale di categoria con il rispetto dei contenuti minimi previsti dal decreto di cui all’art. 22, comma 7.

ART. 19 – Attribuzioni del rappresentante per la sicurezza

1. Il rappresentante per la sicurezza:

a) accede ai luoghi di lavoro in cui si svolgono le lavorazioni;

b) è consultato preventivamente e tempestivamente in ordine alla valutazione dei rischi, alla individuazione, programmazione, realizzazione e verifica della prevenzione nell’azienda ovvero unità produttiva;

c) è consultato sulla designazione degli addetti al servizio di prevenzione, all’attività di prevenzione incendi, al pronto soccorso, alla evacuazione dei lavoratori;

d) è consultato in merito all’organizzazione della formazione di cui all’art. 22, comma 5;

e) riceve le informazioni e la documentazione aziendale inerente la valutazione dei rischi e le misure di prevenzione relative, nonché quelle inerenti le sostanze e i preparati pericolosi, le macchine, gli impianti, l’organizzazione e gli ambienti di lavoro, gli infortuni e le malattie professionali;

f) riceve le informazioni provenienti dai servizi di vigilanza;

g) riceve una formazione adeguata, comunque non inferiore a quella prevista dall’art. 22;

h) promuove l’elaborazione, individuazione e l’attuazione delle misure di prevenzione idonee a tutelare la salute e l’integrità fisica dei lavoratori;

i) formula osservazioni in occasione di visite e verifiche effettuate dalle autorità competenti;

l) partecipa alla riunione periodica di cui all’art. 11;

m) fa proposte in merito all’attività di prevenzione;

n) avverte il responsabile dell’azienda dei rischi individuati nel corso della sua attività;

o) può fare ricorso alle autorità competenti qualora ritenga che le misure di prevenzione e protezione dai rischi adottate dal datore di lavoro e i mezzi impiegati per attuarle non siano idonei a garantire la sicurezza e la salute durante il lavoro.

2. Il rappresentante per la sicurezza deve disporre del tempo necessario allo svolgimento dell’incarico senza perdita di retribuzione, nonché dei mezzi necessari per l’esercizio delle funzioni e delle facoltà riconosciutegli.

3. Le modalità per l’esercizio delle funzioni di cui al comma 1 sono stabilite in sede di contrattazione collettiva nazionale.

4. Il rappresentante per la sicurezza non può subire pregiudizio alcuno a causa dello svolgimento della propria attività e nei suoi confronti si applicano le stesse tutele previste dalla legge per le rappresentanze sindacali.

5. Il rappresentante per la sicurezza ha accesso, per l’espletamento della sua funzione, al documento di cui all’art. 4, commi 2 e 3, nonché al registro degli infortuni sul lavoro di cui all’art. 4, comma 5, lett. o).

ART. 20 – Organismi paritetici

1. A livello territoriale sono costituiti organismi paritetici tra le organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori, con funzioni di orientamento e di promozione di iniziative formative nei confronti dei lavoratori. Tali organismi sono inoltre prima istanza di riferimento in merito a controversie sorte sull’applicazione dei diritti di rappresentanza, informazione e formazione, previsti dalle norme vigenti.

2. Sono fatti salvi, ai fini del comma 1, gli organismi bilaterali o partecipativi previsti da accordi interconfederali, di categoria, nazionali, territoriali o aziendali.

3. Agli effetti dell’art. 10 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, gli organismi di cui al comma 1 sono parificati alla rappresentanza indicata nel medesimo articolo.

ART. 21 – Informazione dei lavoratori

1. Il datore di lavoro provvede affinché ciascun lavoratore riceva un’adeguata informazione su:

a) i rischi per la sicurezza e la salute connessi all’attività dell’impresa in generale;

b) le misure e le attività di protezione e prevenzione adottate;

c) i rischi specifici cui è esposto in relazione all’attività svolta, le normative di sicurezza e le disposizioni aziendali in materia;

d) i pericoli connessi all’uso delle sostanze e dei preparati pericolosi sulla base delle schede dei dati di sicurezza previste dalla normativa vigente e dalle norme di buona tecnica;

e) le procedure che riguardano il pronto soccorso, la lotta antincendio, l’evacuazione dei lavoratori;

f) il responsabile del servizio di prevenzione e protezione e il medico competente;

g) i nominativi dei lavoratori incaricati di applicare le misure di cui agli articoli 12 e 15.

2. Il datore di lavoro fornisce le informazioni di cui al comma 1, lettere a), b), c), anche ai lavoratori di cui all’art. 1, comma 3.

ART. 22 – Formazione dei lavoratori

1. Il datore di lavoro, i dirigenti e i preposti, nell’ambito delle rispettive attribuzioni e competenze, assicurano che ciascun lavoratore, ivi compresi i lavoratori di cui all’art. 1, comma 3, ricevano una formazione sufficiente ed adeguata in materia di sicurezza e di salute, con particolare riferimento al proprio posto di lavoro e alle proprie mansioni.

2. La formazione deve avvenire in occasione:

a) dell’assunzione;

b) del trasferimento o cambiamento di mansioni;

c) dell’introduzione di nuove attrezzature di lavoro o di nuove tecnologie, di nuove sostanze e preparati pericolosi.

3. La formazione deve essere periodicamente ripetuta in relazione all’evoluzione dei rischi ovvero all’insorgenza di nuovi rischi.

4. Il rappresentante per la sicurezza ha diritto a una formazione particolare in materia di salute e sicurezza, concernente la normativa in materia di sicurezza e salute e i rischi specifici esistenti nel proprio ambito di rappresentanza, tale da assicurargli adeguate nozioni sulle principali tecniche di controllo e prevenzione dei rischi stessi.

5. Il lavoratore incaricato dell’attività di pronto soccorso, di lotta antincendio e di evacuazione dei lavoratori deve essere adeguatamente formato.

6. La formazione dei lavoratori e quella dei loro rappresentanti di cui al comma 4 deve avvenire, in collaborazione con gli organismi paritetici di cui allart. 20, durante l’orario di lavoro e non può comportare oneri economici a carico dei lavoratori.

7. I Ministri del lavoro e della previdenza sociale e della sanità, sentita la commissione consultiva permanente, possono stabilire i contenuti minimi della formazione dei lavoratori, dei rappresentanti per la sicurezza e dei datori di lavoro di cui all’art. 10, comma 3, tenendo anche conto delle dimensioni e della tipologia delle imprese.

ART. 23 – Vigilanza

1. La vigilanza sull’applicazione della legislazione in materia di sicurezza e salute nei luoghi di lavoro è svolta dalla unità sanitaria locale e, per quanto di specifica competenza, dal Corpo nazionale dei vigili del fuoco, nonché, per il settore minerario, dal Ministero dell’industria, del commercio e dell’artigianato.

2. Per attività lavorative comportanti rischi particolarmente elevati, da individuare con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta dei Ministri del lavoro e della previdenza sociale e della sanità, sentita la commissione consultiva permanente, l’attività di vigilanza sull’applicazione della legislazione in materia di sicurezza può essere esercitata anche dall’ispettorato del lavoro che ne informa preventivamente il servizio di prevenzione e sicurezza della unità sanitaria locale competente per territorio.

3. Il decreto di cui al comma 2 deve essere emanato entro 12 mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto.

ART. 24 – Informazione, consulenza, assistenza

1. Le regioni, il Ministero dell’interno tramite le strutture del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, l’ISPESL, anche mediante i propri dipartimenti periferici, il ministero del lavoro e della previdenza sociale, per mezzo degli ispettorati del lavoro, il Ministero dell’industria, del commercio e dell’artigianato, per il settore estrattivo, tramite gli uffici della Direzione generale delle miniere, l’Istituto italiano di medicina sociale e gli enti di patronato, svolgono attività di informazione, consulenza e assistenza in materia di sicurezza e salute nei luoghi di lavoro, in particolare nei confronti delle imprese artigiane e delle piccole e medie imprese e delle rispettive associazioni dei datori di lavoro.

2. L’attività di consulenza non può essere prestata dai soggetti che svolgono attività di controllo e di vigilanza.

ART. 25 – Coordinamento

1. Con atto di indirizzo e coordinamento, da emanarsi, su proposta dei Ministri del lavoro e della previdenza sociale e della sanità, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, entro un anno dalla data di entrata in vigore del presente decreto, sono individuati criteri al fine di assicurare unità e omogeneità di comportamenti in tutto il territorio nazionale nell’applicazione delle disposizioni in materia di sicurezza e salute dei lavoratori.

ART 26 – Commissione consultiva permanente per la prevenzione degli infortuni e l’igiene del lavoro

1. L’art. 393 del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547, è sostituito dal seguente: “Art. 393 (Costituzione della commissione):

1. Presso il Ministero del lavoro e della previdenza sociale è istituita una commissione consultiva permanente per la prevenzione degli infortuni e per l’igiene del lavoro. Essa è presieduta dal Ministro del lavoro e della previdenza sociale o dal direttore generale della Direzione generale dei rapporti di lavoro da lui delegato, ed è così composta da:

a) cinque funzionari esperti designati dal Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di cui tre ispettori del lavoro, laureati 1 in ingegneria, 1 in medicina e chirurgia e 1 in chimica o fisica;

b) il direttore e tre funzionari dell’Istituto superiore per la prevenzione e sicurezza del lavoro;

c) un funzionario dell’Istituto superiore di sanità;

d) un funzionario per ciascuno dei seguenti Ministeri: sanità; industria, commercio ed artigianato; interno; funzione pubblica; trasporti; risorse agricole, alimentari e forestali; ambiente;

e) sei rappresentanti delle regioni e province autonome designati dalla conferenza Stato-Regioni.

f) un rappresentante dei seguenti organismi:

-Istituto nazionale assicurazioni e infortuni sul lavoro;

-Corpo nazionale dei vigili del fuoco;

-Consiglio nazionale ricerche;

-UNI;

-CEI;

-Agenzia nazionale protezione ambiente;

g) quattro esperti nominati dal Ministro del lavoro e della previdenza sociale su designazione delle organizzazioni sindacali dei lavoratori maggiormente rappresentative a livello nazionale;

h) quattro esperti nominati dal Ministro del lavoro e della previdenza sociale su designazione delle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro maggiormente rappresentative a livello nazionale;

i) un esperto nominato dal Ministro del lavoro e della previdenza sociale su designazione delle organizzazioni sindacali dei dirigenti d’azienda maggiormente rappresentative a livello nazionale.

2. Per ogni rappresentante effettivo è designato un membro supplente.

3. All’inizio di ogni mandato la commissione può istituire comitati speciali permanenti dei quali determina la composizione e la funzione.

4. La commissione può chiamare a far parte dei comitati di cui al comma 3 persone particolarmente esperte, anche su designazione delle associazioni professionali, dell’università e degli enti di ricerca, in relazione alle materie trattate.

5. Le funzioni inerenti alla segreteria della commissione sono disimpegnate da due funzionari del Ministero del lavoro e della previdenza sociale.

6. I componenti della commissione consultiva permanente e i segretari sono nominati con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale su designazione degli organismi competenti durano in carica tre anni.”.

2. L’art. 394 del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547, è sostituito dal seguente: “Art. 394 (compiti della commissione):

1. La commissione consultiva permanente ha il compito di:

a) esaminare i problemi applicativi della normativa in materia di sicurezza e salute sul posto di lavoro e predisporre una relazione annuale al riguardo;

b) formulare proposte per lo sviluppo e il perfezionamento della legislazione vigente e per il suo coordinamento con altre disposizioni concernenti la sicurezza e la protezione della salute dei lavoratori nonché per il coordinamento degli organi preposti alla vigilanza;

c) esaminare le problematiche evidenziate dai comitati regionali sulle misure preventive e di controllo dei rischi adottate nei luoghi di lavoro;

d) proporre linee guida applicative della

normativa di sicurezza;

e) esprimere parere sugli adeguamenti di natura strettamente tecnica relativi alla normativa CEE da attuare a livello nazionale;

f) esprimere parere sulle richieste di deroga previste dall’art. 48 del decreto legislativo 15 agosto 1991, n. 277;

g) esprimere parere sulle richieste di deroga previste dall’art. 8 del decreto legislativo 25 gennaio 1992, n. 77;

h) esprimere parere sul riconoscimento di conformità alle prescrizioni per la sicurezza e la salute dei lavoratori di norme tecniche;

i) esprimere il parere sui ricorsi avverso le disposizioni impartite dagli ispettori del lavoro nell’esercizio della vigilanza, sulle attività comportanti rischi particolarmente elevati, individuate ai sensi dell’art. 43, comma 1, lettera g), n. 4, della legge 19 febbraio 1991, n. 142, secondo le modalità di cui all’art. 402;

l) esprimere parere, su richiesta del Ministero del lavoro e della previdenza sociale o del Ministero della sanità o delle regioni, su qualsiasi questione relativa alla sicurezza del lavoro e alla protezione della salute dei lavoratori.

2. La relazione di cui al comma precedente, lettera a), è resa pubblica ed è trasmessa alle commissioni parlamentari competenti ed ai presidenti delle regioni. La commissione, per l’espletamento dei suoi compiti, può chiedere dati o promuovere indagini e, su richiesta o autorizzazione del Ministero del lavoro e della previdenza sociale, effettuare sopralluoghi.”.

3. L’art. 395 del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547, è soppresso.

ART 27 – Comitati regionali di coordinamento

1. Con atto di indirizzo e coordinamento, da emanarsi entro un anno dalla data di entrata in vigore del presente decreto, sentita la Conferenza Stato-regioni, su proposta dei Ministri del lavoro e della previdenza sociale e della sanità, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, sono individuati criteri generali relativi all’individuazione di organi operanti nella materia della sicurezza e della salute sul luogo di lavoro al fine di realizzare uniformità di interventi e il necessario raccordo con la commissione consultiva permanente .

2. Alle riunioni della Conferenza Stato-regioni, convocate per i pareri di cui al comma 1 partecipano i rappresentanti dell’ANCI, dell’UPI e dell’UNICEM.

ART. 28 – Adeguamenti al progresso tecnico

1. Con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con i Ministri della sanità e dell’industria, del commercio e dell’artigianato, sentita la commissione consultiva permanente:

a) è riconosciuta la conformità alle vigenti norme per la sicurezza e la salute dei lavoratori sul luogo di lavoro di mezzi e sistemi di sicurezza in attività lavorative comportanti rischi elevati e di nuove tecnologie;

b) si dà attuazione alle direttive in materia di sicurezza e salute dei lavoratori sul luogo di lavoro della Comunità europea per le parti in cui modificano modalità esecutive e caratteristiche di ordine tecnico di altre direttive già recepite nell’ordinamento nazionale;

c) si provvede all’adeguamento della normativa di natura strettamente tecnica e degli allegati al presente decreto in relazione al progresso tecnologico.

ART. 29 – Statistiche degli infortuni e delle malattie professionali

1. L’INAIL e l’ISPESL si forniscono reciprocamente i dati relativi agli infortuni ed alle malattie professionali anche con strumenti telematici .

2. L’ISPESL e l’INAIL indicono una conferenza permanente di servizio per assicurare il necessario coordinamento in relazione a quanto previsto dall’art. 8, comma 3, del decreto legislativo 7 dicembre 1993, n. 517, nonché per verificare l’adeguatezza dei sistemi di prevenzione eassicurativi, e di studiare e proporre soluzioni normative e tecniche atte a ridurre il fenomeno degli infortuni e delle malattie professionali.

3. I criteri per la raccolta ed elaborazione delle informazioni relative ai rischi e ai danni derivanti da infortunio durante l’attività lavorativa sono individuati nelle norme UNI, riguardanti i parametri per la classificazione dei casi di infortunio, ed i criteri per il calcolo degli indici di frequenza e gravità e loro successivi aggiornamenti.

4. Con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale e del Ministro della sanità, sentita la commissione consultiva permanente, possono essere individuati i criteri integrativi di quelli di cui al comma 3 in relazione a particolari rischi.

5. I criteri per la raccolta e l’elaborazione delle informazioni relative ai rischi e ai danni derivanti dalle malattie professionali, nonché ad altre malattie e forme patologiche eziologicamente collegate al lavoro, sono individuati con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale e del Ministro della sanità, sentita la commissione consultiva permanente, sulla base delle norme di buona tecnica.

ART. 30 – Definizioni

1. Ai fini dell’applicazione delle disposizioni di cui al presente titolo si intendono per luoghi di lavoro:

a) i luoghi destinati a contenere posti di lavoro, ubicati all’interno dell’azienda ovvero dell’unità produttiva, nonché ogni altro luogo nell’area della medesima azienda ovvero unità produttiva comunque accessibile per il lavoro.

2. Le disposizioni del presente titolo non si applicano:

a) ai mezzi di trasporto;

b) ai cantieri temporanei o mobili;

c) alle industrie estrattive;

d) ai pescherecci;

e) ai campi, boschi e altri terreni facenti parte di una impresa agricola o forestale, ma situati fuori dall’area edificata dell’azienda.

3. Ferme restando le disposizioni di legge vigenti, le prescrizioni di sicurezza e di salute per i luoghi di lavoro sono specificate nell’allegato II.

4. I luoghi di lavoro devono essere strutturati tenendo conto, se del caso, di eventuali lavoratori portatori di handicap.

5. L’obbligo di cui al comma 4 vige, in particolare, per le porte, le vie di circolazione, le scale, le docce, i gabinetti e i posti di lavori utilizzati od occupati direttamente da lavoratori portatori di handicap.

6. La disposizione di cui al comma 4 non si applica ai luoghi di lavoro già utilizzati prima del 1º gennaio 1993, ma debbono essere adottate misure idonee a consentire la mobilità e l’utilizzazione dei servizi sanitari e di igiene personale.

ART. 31 – Requisiti di sicurezza e di salute

1. Fermo restando le disposizioni legislative e regolamentari vigenti i luoghi di lavoro costruiti o utilizzati anteriormente all’entrata in vigore del presente decreto devono essere adeguati alle prescrizioni di sicurezza e salute di cui al presente titolo entro il 1º gennaio 1996.

ART. 32 – Obblighi del datore di lavoro

1. Il datore di lavoro provvede affinché:

a) le vie di circolazione interne o all’aperto che conducono a uscite o ad uscite di emergenza e le uscite di emergenza siano sgombre allo scopo di consentirne l’utilizzazione in ogni evenienza;

b) i luoghi di lavoro, gli impianti e i dispositivi vengano sottoposti a regolare manutenzione tecnica e vengano eliminati, quanto più rapidamente possibile, i difetti rilevati che possano pregiudicare la sicurezza e la salute dei lavoratori;

c) i luoghi di lavoro, gli impianti e i dispositivi vengano sottoposti a regolare pulitura, onde assicurare condizioni igieniche adeguate;

d) gli impianti e i dispositivi di sicurezza, destinati alla prevenzione o all’eliminazione dei pericoli, vengano sottoposti a regolare manutenzione e al controllo del lorofunzionamento.

ART. 33 – Adeguamenti di norme

1. L’art. 13 del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547, è sostituito dal seguente: “Art. 13 (Vie e uscite di emergenza).

1. Ai fini del presente decreto si intende per:

a) via di emergenza: percorso senza ostacoli al deflusso che consente alle persone che occupano un edificio o un locale di raggiungere un luogo sicuro;

b) uscita di emergenza: passaggio che immette in un luogo sicuro;

c) luogo sicuro: luogo nel quale le persone sono da considerarsi al sicuro dagli effetti determinati dall’incendio o altre situazioni di emergenza.

2. Le vie e le uscite di emergenza devono rimanere sgombre e consentire di raggiungere il più rapidamente possibile un luogo sicuro.

3. In caso di pericolo tutti i posti di lavoro devono poter essere evacuati rapidamente e in piena sicurezza da parte dei lavoratori.

4. Il numero, la distribuzione e le dimensioni delle vie e delle uscite di emergenza devono essere adeguate alle dimensioni dei luoghi di lavoro, alla loro ubicazione, alla loro destinazione d’uso, alle attrezzature in essi installate, nonché al numero massimo di persone che possono essere presenti in detti luoghi.

5. Le vie e le uscite di emergenza devono avere altezza minima di m 2,0 e larghezza minima conforme alla normativa vigente in materia antincendio.

6. Qualora le uscite di emergenza siano dotate di porte, queste devono essere apribili nel verso dell’esodo e, qualora siano chiuse devono poter essere aperte facilmente e immediatamente da parte di qualsiasi persona che abbia bisogno di utilizzarle in caso di emergenza.

7. Le porte delle uscite di emergenza non devono essere chiuse a chiave, se non in casi specificamente autorizzati dall’autorità competente.

8. Nei locali di lavoro e in quelli destinati a deposito è vietato adibire, quali porte delle uscite di emergenza, le saracinesche a rullo, le porte scorrevoli verticalmente e quelle girevoli su asse centrale.

9. Le vie e le uscite di emergenza nonché le vie di circolazione e le porte che vi danno accesso non devono essere ostruite da oggetti in modo da poter essere utilizzate in ogni momento senza impedimenti.

10. Le vie e le uscite di emergenza devono essere evidenziate da apposita segnaletica, conforme alle disposizioni vigenti, durevole e collocata in luoghi appropriati.

11. Le vie e le uscite di emergenza che richiedono un’illuminazione devono essere dotate di un’illuminazione di sicurezza di intensità sufficiente, che entri in funzione in caso di guasto dell’impianto elettrico.

12. Gli edifici che siano costruiti o adattati interamente per lavorazioni che comportano un numero di lavoratori superiore a 25, e in ogni caso quando le lavorazioni e i materiali ivi utilizzati presentino pericoli di esplosione o di incendio e siano adibiti nello stesso locale più di 5 lavoratori, devono avere almeno due scale distinte di facile accesso.Per gli edifici già costruiti si dovrà provvedere in conformità, quando non ne esista l’impossibilità accertata dall’organo di vigilanza: in quest’ultimo caso sono disposte le misure e cautele ritenute più efficienti.

13. Per i luoghi di lavoro già utilizzati prima del 1º gennaio 1993 non si applica la disposizione contenuta nel comma 4, ma gli stessi debbono avere un numero sufficiente di vie e uscite di emergenza.”.

2. L’art. 14 del decreto del Presidente della Repubblica del 27 aprile 1955, n. 547, è sostituito dal seguente: “Art. 14 (Porte e portoni).

1. Le porte dei locali di lavoro devono, per numero, dimensioni, posizione, e materiali di realizzazione consentire una rapida uscita delle persone ed essere agevolmente apribili dall’interno durante il lavoro.

2. Quando in un locale le lavorazioni e i materiali comportino rischi di esplosione e di incendio e siano adibiti alle attività che si svolgono nel locale stesso più di 5 lavoratori, almeno una porta ogni 5 lavoratori deve essere apribile nel verso dell’esodo ed avere larghezza minima di m 1,20.

3. Quando in un locale si svolgono lavorazioni diverse da quelle previste al comma 2, la larghezza minima delle porte è la seguente:

a) quando in uno stesso locale i lavoratori normalmente ivi occupati siano fino a 25, il locale deve essere dotato di una porta avente larghezza minima di m 0,90;

b) quando in uno stesso locale i lavoratori normalmente ivi occupati siano in numero compreso tra 26 e 50, il locale deve essere dotato di una porta avente larghezza minima di m 1,20 che si apra nel verso dell’esodo;

c) quando in uno stesso locale i lavoratori normalmente ivi occupati siano in numero compreso tra 51 e 100, il locale deve essere dotato di una porta avente larghezza minima di m 1,20 e di una porta avente larghezza minima di m 0,90, che si aprano entrambe nel verso dell’esodo;

d) quando in uno stesso locale i lavoratori normalmente ivi occupati siano in numero superiore a 100, in aggiunta alle porte previste alla lettera c) il locale deve essere dotato di almeno 1 porta che si apra nel verso dell’esodo avente larghezza minima di m 1,20 per ogni 50 lavoratori normalmente ivi occupati o frazione compresa tra 10 e 50, calcolati limitatamente all’eccedenza rispetto a 100.

4. Il numero complessivo delle porte di cui al comma 3 può anche essere minore, purché la loro larghezza complessiva non risulti inferiore.

5. Alle porte per le quali è prevista una larghezza minima di m 1,20 è applicabile una tolleranza in meno del 5% (cinque per cento).

6. Quando in un locale di lavoro le uscite di emergenza di cui all’art. 13, comma 5, coincidono con le porte di cui al comma 1, si applicano le disposizioni di cui all’art. 13, comma 5.

7. Nei locali di lavoro ed in quelli adibiti a magazzino non sono ammesse le porte scorrevoli, le saracinesche a rullo, le porte girevoli su asse centrale, quando non esistano altre porte apribili verso l’esterno del locale.

8. Immediatamente accanto ai portoni destinati essenzialmente alla circolazione dei veicoli devono esistere, a meno che il passaggio dei pedoni sia sicuro, porte per la circolazione dei pedoni che devono essere segnalate in modo visibile ed essere sgombre in permanenza.

9. Le porte e i portoni apribili nei due versi devono essere trasparenti o essere muniti di pannelli trasparenti.

10. Sulle porte trasparenti deve essere apposto un segno indicativo all’altezza degli occhi.

11. Se le superfici trasparenti o traslucide delle porte e dei portoni non sono costituite da materiali di sicurezza e c’è il rischio che i lavoratori possano rimanere feriti in caso di rottura di dette superfici, queste devono essere protette contro lo sfondamento.

12. Le porte scorrevoli devono disporre di un sistema di sicurezza che impedisca loro di uscire dalle guide o di cadere.

13. Le porte e i portoni che si aprono verso l’alto devono disporre di un sistema di sicurezza che impedisca loro di ricadere.

14. Le porte e i portoni ad azionamento meccanico devono funzionare senza rischi di infortuni per i lavoratori. Essi devono essere muniti di dispositivi di arresto di emergenza facilmente identificabili e accessibili e poter essere aperti anche manualmente, salvo che la loro apertura possa avvenire automaticamente in caso di mancanza di energia elettrica.

15. Le porte situate sul percorso delle vie di emergenza devono essere contrassegnate in maniera appropriata con segnaletica durevole conformemente alla normativa vigente. Esse devono poter essere aperte, in ogni momento, dall’interno senza aiuto speciale.

16. Quando i luoghi di lavoro sono occupati le porte devono poter essere aperte.

17. Per i luoghi di lavoro già utilizzati prima del 1º gennaio 1993 non si applicano le disposizioni dei commi precedenti. I locali di lavoro e quelli adibiti a deposito devono essere provvisti di porte di uscita che abbiano la larghezza di almeno m 1,10 e che siano in numero non inferiore ad una per ogni 50 lavoratori normalmente ivi occupati o frazione compresa tra 10 e 50. Il numero delle porte può anche essere minore, purché la loro larghezza complessiva non risulti inferiore.”.

3. L’art. 8 del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547, è sostituito dal seguente: “Art. 8 (Vie di circolazione, zone di pericolo, pavimenti e passaggi).

1. Le vie di circolazione, comprese scale, scale fisse e banchine e rampe di carico, devono essere situate e calcolate in modo tale che i pedoni o i veicoli possano utilizzarle facilmente in piena sicurezza e conformemente alla loro destinazione e che i lavoratori operanti nelle vicinanze di queste vie di circolazione non corrano alcun rischio.

2. Il calcolo delle dimensioni delle vie di circolazione per persone ovvero merci dovrà basarsi sul numero potenziale degli utenti e sul tipo di impresa.

3. Qualora sulle vie di circolazione siano utilizzati mezzi di trasporto, dovrà essere prevista per i pedoni una distanza di sicurezza sufficiente.

4. Le vie di circolazione destinate ai veicoli devono passare a una distanza sufficiente da porte, portoni, passaggi per pedoni, corridoi e scale.

5. Nella misura in cui l’uso e l’attrezzatura dei locali lo esigano per garantire la protezione dei lavoratori, il tracciato delle vie di circolazione deve essere evidenziato.

6. Se i luoghi di lavoro comportano zone di pericolo in funzione della natura del lavoro e presentano rischi di cadute dei lavoratori o rischi di cadute d’oggetti, tali luoghi devono essere dotati di dispositivi per impedire che i lavoratori non autorizzati possano accedere a dette zone.

7. Devono essere prese misure appropriate per proteggere i lavoratori autorizzati ad accedere alle zone di pericolo.

8. Le zone di pericolo devono essere segnalate in modo chiaramente visibile.

9. I pavimenti degli ambienti di lavoro e dei luoghi destinati al passaggio non devono presentare buche o sporgenze pericolose e devono essere in condizioni tali da rendere sicuro il movimento e il transito delle persone e dei mezzi di trasporto.

10. I pavimenti e i passaggi non devono essere ingombrati da materiali che ostacolino la normale circolazione.

11. Quando per evidenti ragioni tecniche non si possono completamente eliminare dalle zone di transito ostacoli fissi o mobili che costituiscono un pericolo per i lavoratori o i veicoli che tali zone devono percorrere, gli ostacoli devono essere adeguatamente segnalati.”.

4. L’intestazione del titolo II del decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n. 303, è sostituita dalla seguente: “Titolo II – Disposizioni particolari”

5. Nell’art. 6, primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n. 303, dopo le parole “da destinarsi al lavoro nelle aziende” è soppressa la parola “industriali”.

6. L’art. 9 del decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n. 303, è sostituito dal seguente: “Art. 9 (Aerazione dei luoghi di lavoro chiusi).

1. Nei luoghi di lavoro chiusi, è necessario far sì che tenendo conto dei metodi di lavoro e degli sforzi fisici ai quali sono sottoposti i lavoratori, essi dispongano di aria salubre in quantità sufficiente.

2. Se viene utilizzato un impianto di aerazione, esso deve essere sempre mantenuto funzionante. Ogni eventuale guasto deve essere segnalato da un sistema di controllo, quando ciò è necessario per salvaguardare la salute dei lavoratori.

3. Se sono utilizzati impianti di condizionamento dell’aria o di ventilazione meccanica, essi devono funzionare in modo che i lavoratori non siano esposti a correnti d’aria fastidiosa.

4. Qualsiasi sedimento o sporcizia che potrebbe comportare un pericolo immediato per la salute dei lavoratori dovuto all’inquinamento dell’aria respirata deve essere eliminato rapidamente.”.

7. L’art. 11 del decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n. 303, è sostituito dal seguente: “Art. 11 (Temperatura dei locali).

1. La temperatura nei locali di lavoro deve essere adeguata all’organismo umano durante il tempo di lavoro, tenuto conto dei metodi di lavoro applicati e degli sforzi fisici imposti ai lavoratori.

2. Nel giudizio sulla temperatura adeguata per i lavoratori si deve tener conto dell’influenza che possono esercitare sopra di essa il grado di umidità e il movimento dell’aria concomitanti.

3. La temperatura dei locali di riposo, dei locali per il personale di sorveglianza, dei servizi igienici, delle mense e dei locali di pronto soccorso deve essere conforme alla destinazione specifica di questi locali.

4. Le finestre, i lucernari e le pareti vetrate devono essere tali da evitare un soleggiamento eccessivo dei luoghi di lavoro, tenendo conto del tipo di attività e della natura del luogo di lavoro.

5. Quando non sia convenienti modificare la temperatura di tutto l’ambiente, si deve provvedere alla difesa dei lavoratori contro le temperature troppo alte o troppo basse mediante misure tecniche localizzate o mezzi personali di protezione.”.

8. L’art. 10 del decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n. 303, è sostituito dal seguente: “Art. 10 (Illuminazione naturale e artificiale dei luoghi di lavoro).

1. I luoghi di lavoro devono disporre di sufficiente luce naturale ed essere dotati di dispositivi che consentano un’illuminazione artificiale adeguata per salvaguardare la sicurezza, la salute e il benessere dei lavoratori.

2. Gli impianti di illuminazione dei locali di lavoro e delle vie di circolazione devono essere installati in modo che il tipo d’illuminazione previsto non rappresenta un rischio di infortunio per i lavoratori.

3. I luoghi di lavoro nei quali i lavoratori sono particolarmente esposti a rischi in caso di guasto dell’illuminazione artificiale, devono disporre di un’illuminazione di sicurezza di sufficiente intensità.

4. Le superfici vetrate illuminanti ed i mezzi di illuminazione artificiale devono essere tenuti costantemente in buone condizioni di pulizia e di efficienza.”.

9. L’art. 7 del decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n. 303, è sostituito dal seguente: “Art. 7 (Pavimenti, muri, soffitti, finestre e lucernari dei locali scale e marciapiedi mobili, banchina e rampe di carico).

1. A meno che non sia richiesto diversamente dalle necessità della lavorazione, è vietato adibire a lavori continuativi i locali chiusi i che non rispondano alle seguenti condizioni:

a) essere ben difesi contro gli agenti atmosferici, e provvisti di un isolamento termico sufficiente, tenuto conto del tipo di impresa e dell’attività fisica dei lavoratori;

b) avere aperture sufficienti per un rapido ricambio d’aria;

c) essere ben asciutti e ben difesi contro l’umidità;

d) avere le superfici dei pavimenti, delle pareti, dei soffitti tali da poter essere pulite e deterse per ottenere condizioni adeguate di igiene.

2. I pavimenti dei locali devono essere esenti da protuberanze, cavità o piani inclinati pericolosi, devono essere fissi, stabili e antisdrucciolevoli.

3. Nelle parti dei locali dove abitualmente si versano sul pavimento sostanze putrescibili o liquidi, il pavimento deve avere superficie unita e impermeabile e pendenza sufficiente per avviare rapidamente i liquidi verso i punti di raccolta e scarico.

4. Quando il pavimento dei posti di lavoro e di quelli di passaggio si mantenga bagnato, esso deve essere munito in permanenza di palchetti o di graticolato, se i lavoratori non sono forniti di idonee calzature impermeabili.

5. Qualora non ostino particolari condizioni tecniche, le pareti dei locali di lavoro devono essere a tinta chiara.

6. Le pareti trasparenti o traslucide, in particolare le pareti completamente vetrate, nei locali o nelle vicinanze dei posti di lavoro e delle vie di circolazione, devono essere chiaramente segnalate e costituite da materiali di sicurezza ovvero essere separate dai posti di lavoro e dalle vie di circolazione succitati, in modo tale che i lavoratori non possano entrare in contatto con le pareti, né essere feriti qualora esse vadano in frantumi.

7. Le finestre, i lucernari e i dispositivi di ventilazione devono poter essere aperti, chiusi, regolati e fissati dai lavoratori in tutta sicurezza. Quando sono aperti essi devono essere posizionati in modo da non costituire un pericolo per i lavoratori.

8. Le finestre e i lucernari devono essere concepiti congiuntamente con l’attrezzatura o dotati di dispositivi che consentano la loro pulitura senza rischi per i lavoratori che effettuano tale lavoro nonché per i lavoratori presenti nell’edificio e intorno a esso.

9. L’accesso ai tetti costituiti da materiali non sufficientemente resistenti può essere autorizzato soltanto se sono fornite attrezzature che permettano di eseguire il lavoro in tutta sicurezza.

10. Le scale ed i marciapiedi mobili devono funzionare in piena sicurezza, devono essere muniti dei necessari dispositivi di sicurezza e devono possedere dispositivi di arresto di emergenza facilmente identificabili e accessibili.

11. Le banchine e rampe di carico devono essere adeguate alle dimensioni dei carichi trasportati.

12. Le banchine di carico devono disporre di almeno un’uscita. Ove sia tecnicamente possibile, le banchine di carico che superano m 25,0 di lunghezza devono disporre di un’uscita a ciascuna estremità.

13. Le rampe di carico devono offrire una sicurezza tale da evitare che i lavoratori possano cadere.”.

10. L’art. 14 del decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n. 303, è sostituito dal seguente: “Art. 14 (Locali di riposo).

1. Quando la sicurezza e la salute dei lavoratori, segnatamente a causa del tipo di attività, lo richiedono, i lavoratori devono poter disporre di un locale di riposo facilmente accessibile.

2. La disposizione di cui al comma 1 non si applica quando il personale lavora in uffici o in analoghi locali di lavoro che offrano equivalenti possibilità di riposo durante la pausa.

3. I locali di riposo devono avere dimensioni sufficienti ed essere dotati di un numero di tavoli e sedili con schienale in funzione del numero dei lavoratori.

4. Nei locali di riposo si devono adottare misure adeguate per la protezione dei non fumatori contro gli inconvenienti del fumo.

5. Quando il tempo di lavoro è interrotto regolarmente e frequentemente e non esistono locali di riposo, devono essere messi a disposizione del personale altri locali affinché questi possa soggiornarvi durante l’interruzione del lavoro nel caso in cui la sicurezza o la salute dei lavoratori lo esiga. In detti locali è opportuno prevedere misure adeguate per la protezione dei non fumatori contro gli inconvenienti del fumo.

6. L’organo di vigilanza può prescrivere che, anche nei lavori continuativi, il datore di lavoro dia modo ai dipendenti di lavorare stando a sedere ogni qualvolta ciò non pregiudichi la normale esecuzione di lavoro.

7. Le donne incinte e le madri che allattano devono avere la possibilità di riposarsi in posizione distesa e in condizioni appropriate.”.

11. L’art. 40 del decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n. 303, è sostituito dal seguente: “Art. 40 (Spogliatoi e armadi per il vestiario).

1. Locali appositamente destinati a spogliatoi devono essere messi a disposizione dei lavoratori quando questi devono indossare indumenti di lavoro specifici e quando per ragioni di salute o di decenza non si possa loro chiedere di cambiarsi in altri locali.

2. Gli spogliatoi devono essere distinti fra i due sessi e convenientemente arredati.

3. I locali destinati a spogliatoio devono avere una capacità sufficiente, essere possibilmente vicini ai locali di lavoro aerati, illuminati, ben difesi dalle intemperie, riscaldati durante la stagione fredda e muniti di sedili.

4. Gli spogliatoi devono essere dotati di attrezzature che consentano a ciascun lavoratore di chiudere a chiave i propri indumenti durante il tempo di lavoro.

5. Qualora i lavoratori svolgano attività insudicianti, polverose, con sviluppo di fumi o vapori contenenti in sospensione sostanze untuose o incrostanti, nonché in quelle dove si usano sostanze venefiche, corrosive o infettanti o comunque pericolose, gli armadi per gli indumenti da lavoro devono essere separati da quelli per gli indumenti privati.

6. Qualora non si applichi il comma 1 ciascun lavoratore deve poter disporre delle attrezzature di cui al comma 4 per poter riporre i propri indumenti.”.

12. Gli articoli 37 e 39 del decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n. 303 sono sostituiti dai seguenti: “Art. 37 (Docce e lavabi).

1. Docce sufficienti e appropriate devono essere messe a disposizione dei lavoratori quando il tipo di attività o la salubrità lo esigano.

2. Devono essere previsti locali per le docce separati per uomini e donne o un’utilizzazione separata degli stessi. Le docce o i lavabi o gli spogliatoi devono comunque facilmente comunicare tra loro.

3. I locali delle docce devono avere dimensioni sufficienti per permettere a ciascun lavoratore di rivestirsi senza impacci e in condizioni appropriate di igiene.

4. Le docce devono essere dotate di acqua corrente calda e fredda e di mezzi detergenti e per asciugarsi.

5. Devono essere previsti lavabi separati per uomini e donne ovvero un’utilizzazione separata dei lavabi, qualora ciò sia necessario per motivi di decenza.

Art. 39 – (Gabinetti e lavabi).

1. I lavoratori devono disporre, in prossimità dei loro posti di lavoro, dei locali di riposo, degli spogliatoi, delle docce o lavabi, di locali speciali dotati di un numero sufficiente di gabinetti e di lavabi, per acqua corrente calda, se necessario, e dotati di mezzi detergenti e per asciugarsi.

2. Per uomini e donne devono essere previsti gabinetti separati.”.

13. L’art. 11 del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547, è sostituito dal seguente: “Art. 11 (Posti di lavoro e di passaggio e luoghi di lavoro esterni).

1. I posti di lavoro e di passaggio devono essere idoneamente difesi contro la caduta o l’investimento di materiali in dipendenza dell’attività lavorativa.

2. Ove non sia possibile la difesa con mezzi tecnici, devono essere adottate altre misure o cautele adeguate.

3. I posti di lavoro, le vie di circolazione e altri luoghi o impianti all’aperto utilizzati od occupati dai lavoratori durante le loro attività devono essere concepiti in modo tale che la circolazione dei pedoni e dei veicoli possa avvenire in modo sicuro.

4. Le disposizioni di cui allart. 7 e le disposizioni sulle vie di circolazione e zone di pericolo sono altresì applicabili alle vie di circolazione principali sul terreno dell’impresa, alle vie di circolazione che portano a posti di lavoro fissi, alle vie di circolazione utilizzate per la regolare manutenzione e sorveglianza degli impianti dell’impresa, nonché alle banchine di carico.

5. Le disposizioni sulle vie di circolazione e zone di pericolo si applicano per analogia ai luoghi di lavoro esterni.

6. I luoghi di lavoro all’aperto devono essere opportunamente illuminati con luce artificiale quando la luce del giorno non è sufficiente.

7. Quando i lavoratori occupano posti di lavoro all’aperto, questi devono essere strutturati, per quanto tecnicamente possibile, in modo tale che i lavoratori:

a) sono protetti contro gli agenti atmosferici e, se necessario, contro la caduta di oggetti;

b) non sono esposti a livelli sonori nocivi o ad agenti esterni nocivi, quali gas, vapori, polveri;

c) possono abbandonare rapidamente il posto di lavoro in caso di pericolo o possono essere soccorsi rapidamente;

d) non possono scivolare o cadere.”.

14. Le disposizioni di cui al presente articolo entrano in vigore tre mesi dopo la pubblicazione del presente decreto nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.

ART. 34 – Definizioni

1. Agli effetti delle disposizioni di cui al presente titolo si intendono per:

a) attrezzatura di lavoro: qualsiasi macchina, apparecchio, utensile o impianto destinato a essere usato durante il lavoro;

b) uso di un’attrezzatura di lavoro: qualsiasi operazione lavorativa connessa ad un’attrezzatura di lavoro, quale la messa in servizio o fuori servizio, l’impiego, il trasporto, la riparazione, la trasformazione, la manutenzione, la pulizia, lo smontaggio;

c) zona pericolosa: qualsiasi zona all’interno ovvero in prossimità di un’attrezzatura di lavoro nella quale la presenza di un lavoratore costituisce un rischio per la salute o la sicurezza dello stesso.

ART. 35 – Obblighi del datore di lavoro

1. Il datore di lavoro mette a disposizione dei lavoratori attrezzature adeguate al lavoro da svolgere ovvero adattate a tali scopi ed idonee ai fini della sicurezza e della salute.

2. Il datore di lavoro attua le misure tecniche ed organizzative adeguate per ridurre al minimo i rischi connessi all’uso delle attrezzature di lavoro da parte dei lavoratori e per impedire che dette attrezzature possano essere utilizzate per operazioni e secondo condizioni per le quali non sono adatte.

3. All’atto della scelta delle attrezzature di lavoro il datore di lavoro prende in considerazione:

a) le condizioni e le caratteristiche specifiche del lavoro da svolgere;

b) i rischi presenti nell’ambiente di lavoro;

c) i rischi derivanti dall’impiego delle attrezzature stesse.

4. Il datore di lavoro prende le misure necessarie affinché le attrezzature di lavoro siano:

a) installate in conformità alle istruzioni del fabbricante;

b) utilizzate correttamente;

c) oggetto di idonea manutenzione al fine di garantire nel tempo la rispondenza ai requisiti di cui all’art. 36 e siano corredate, ove necessario, da apposite istruzioni d’uso.

5. Qualora le attrezzature richiedano per il loro impiego conoscenze o responsabilità particolari in relazione ai loro rischi specifici, il datore di lavoro si assicura che:

a) l’uso dell’attrezzatura di lavoro sia riservato a lavoratori all’uopo incaricati;

b) in caso di riparazione, di trasformazione o manutenzione, il lavoratore interessato sia qualificato in maniera specifica per svolgere tali compiti.

ART. 36 – Disposizioni concernenti le attrezzature di lavoro

1. Le attrezzature di lavoro messe a disposizione dei lavoratori devono soddisfare alle disposizioni legislative e regolamentari in materia di tutela della sicurezza e salute dei lavoratori stessi ad esse applicabili.

2. Nulla è innovato nel regime giuridico che regola le operazioni di verifica periodica delle attrezzature per le quali tale regime è obbligatoriamente previsto. In ogni caso le modalità e le procedure tecniche delle relative verifiche seguono il regime giuridico corrispondente a quello in base al quale l’attrezzatura è stata costruita e messa in servizio.

3. Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con i Ministri dell’industria, del commercio e dellartigianato e della sanità, sentita la commissione consultiva permanente, può stabilire modalità e procedure per l’effettuazione delle verifiche di cui al comma 2.

4. Nell’art. 52 del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547, dopo il comma 2 è aggiunto, infine, il seguente comma: “Se ciò è appropriato e funzionale rispetto ai pericoli dell’attrezzatura di lavoro e del tempo di arresto normale, un’attrezzatura di lavoro deve essere munita di un dispositivo di arresto di emergenza.”.

5. Nell’art. 53 del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547, dopo il comma 3 è aggiunto, infine, il seguente comma: “Qualora i mezzi di cui al comma 1 svolgano anche la funzione di allarme essi devono essere ben visibili ovvero comprensibili senza possibilità di errore.”.

6. Nell’art. 374 del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547, dopo il comma 2 è aggiunto, infine, il seguente comma: “Ove per le apparecchiature di cui al comma 2 è fornito il libretto di manutenzione occorre prevedere l’aggiornamento di questo libretto.”.

7. Nell’art. 20 del decreto del Presidente della Repubblica 18 marzo 1956, n. 303, dopo il comma 2 sono aggiunti, infine, i seguenti commi: “Un’attrezzatura che presenti pericoli causati da cadute o da proiezione di oggetti deve essere munita di dispositivi appropriati di sicurezza corrispondenti a tali pericoli. Un’attrezzatura di lavoro che comporti pericoli dovuti ad emanazione di gas, vapori o liquidi ovvero ad emissioni di polvere, deve essere munita di appropriati dispositivi di ritenuta ovvero di estrazione vicino alla fonte corrispondente a tali pericoli.”.

8. Le disposizioni del presente articolo entrano in vigore tre mesi dopo la pubblicazione del presente decreto nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.

ART. 37 – Informazione

1. Il datore di lavoro provvede affinché, per ogni attrezzatura di lavoro a disposizione, i lavoratori incaricati dispongano di ogni informazione e di ogni istruzione d’uso necessaria in rapporto alla sicurezza e relativa:

a) alle condizioni di impiego delle attrezzature anche sulla base delle conclusioni eventualmente tratte dalle esperienze acquisite nella fase di utilizzazione delle attrezzature di lavoro;

b) alle situazioni anormali prevedibili.

2. Le informazioni e le istruzioni d’uso devono risultare comprensibili ai lavoratori interessati.

ART. 38 – Formazione ed addestramento

1. Il datore di lavoro si assicura che:

a) i lavoratori incaricati di usare le attrezzature di lavoro ricevono una formazione adeguata sull’uso delle attrezzature di lavoro;

b) i lavoratori incaricati dell’uso delle attrezzature che richiedono conoscenze e responsabilità particolari di cui all’art. 35, comma 5, ricevono un addestramento adeguato e specifico che li metta in grado di usare tali attrezzature in modo idoneo e sicuro anche in relazione ai rischi causati ad altre persone.

ART. 39 – Obblighi dei lavoratori

1. I lavoratori si sottopongono ai programmi di formazione o di addestramento eventualmente organizzati dal datore di lavoro.

2. I lavoratori utilizzano le attrezzature di lavoro messe a loro disposizione conformemente all’informazione, alla formazione e all’addestramento ricevuti.

3. I lavoratori:

a) hanno cura delle attrezzature di lavoro messe a loro disposizione;

b) non vi apportano modifiche di propria iniziativa;

c) segnalano immediatamente al datore di lavoro o al dirigente o al preposto qualsiasi difetto o inconveniente da essi rilevato nelle attrezzature di lavoro messe a loro disposizione.

ART. 40 – Definizioni

1. Si intende per dispositivo di protezione individuale (DPI) qualsiasi attrezzatura destinata a essere indossata e tenuta dal lavoratore allo scopo di proteggerlo contro uno o più rischi suscettibili di minacciare la sicurezza o la salute durante il lavoro, nonché ogni complemento o accessorio destinato a tale scopo.

2. Non sono dispositivi di protezione individuale:

a) gli indumenti di lavoro ordinari e le uni-

formi non specificamente destinati a proteggere la sicurezza e la salute del lavoratore;

b) le attrezzature dei servizi di soccorso e di salvataggio;

c) le attrezzature di protezione individuale delle forze armate, delle forze di polizia e del personale del servizio per il mantenimento dell’ordine pubblico;

d) le attrezzature di protezione individuabile proprie dei mezzi di trasporto stradali;

e) i materiali sportivi;

f) i materiali per l’autodifesa o per la dissuasione;

g) gli apparecchi portatili per individuare e segnalare rischi e fattori nocivi.

ART. 41 – Obbligo di uso

1. I DPI devono essere impiegati quando i rischi non possono essere evitati o sufficientemente ridotti da misure tecniche di prevenzione, da mezzi di protezione collettiva, da misure, metodi o procedimenti di riorganizzazione del lavoro.

ART. 42 – Requisiti dei Dpi

1. I DPI devono essere conformi alle norme di cui al decreto legislativo 4 dicembre 1992, n. 475.

2. I DPI di cui al comma 1 devono inoltre:

a) essere adeguati ai rischi da prevenire, senza comportare di per sé un rischio maggiore;

b) essere adeguati alle condizioni esistenti sul luogo di lavoro;

c) tenere conto delle esigenze ergonomiche o di salute del lavoratore;

d) poter essere adattati all’utilizzatore secondo le sue necessità.

3. In caso di rischi multipli che richiedono l’uso simultaneo di più DPI, questi devono essere tra loro compatibili e tali da mantenere, anche nell’uso simultaneo, la propria efficacia nei confronti del rischio e dei rischi corrispondenti.

ART. 43 – Obblighi del datore di lavoro

1. Il datore di lavoro ai fini della scelta dei DPI:

a) effettua l’analisi e la valutazione dei rischi che non possono essere evitati con altri

a) effettua l’analisi e la valutazione dei rischi che non possono essere evitati con altri mezzi;

b) individua le caratteristiche dei DPI necessarie affinché questi siano adeguati ai rischi di cui alla lettera a), tenendo conto delle eventuali ulteriori fonti di rischio rappresentate dagli stessi DPI;

c) valuta, sulla base delle informazioni a corredo dei DPI fornite dal fabbricante e delle norme d’uso di cui all’art. 45, le caratteristiche dei DPI disponibili sul mercato e le raffronta con quelle individuate alla lettera b);

d) aggiorna la scelta ogni qualvolta intervenga una variazione significativa negli elementi di valutazione di cui al comma 1.

2. Il datore di lavoro, anche sulla base delle norme d’uso di cui all’art. 45, individua le condizioni in cui un DPI deve essere usato, specie per quanto riguarda la durata dell’uso, in funzione di:

a) entità del rischio;

b) frequenza dell’esposizione al rischio;

c) caratteristiche del posto di lavoro di ciascun lavoratore;

d) prestazioni del DPI.

3. Il datore di lavoro fornisce ai lavoratori i DPI conformi ai requisiti previsti dall’art. 42 e dal decreto di cui all’art. 45, comma 2.

4. Il datore di lavoro:

a) mantiene in efficienza i DPI e ne assicura le condizioni d’igiene, mediante la manutenzione, le riparazioni e le sostituzioni necessarie;

b) provvede a che i DPI siano utilizzati soltanto per gli usi previsti, salvo casi specifici ed eccezionali, conformemente alle informazioni del fabbricante;

c) fornisce istruzioni comprensibili per i lavoratori;

d) destina ogni DPI a un uso personale e, qualora le circostanze richiedano l’uso di uno stesso DPI da parte di più persone, prende misure adeguate affinché tale uso non ponga alcun problema sanitario e igienico ai vari utilizzatori;

e) informa preliminarmente il lavoratore dei rischi dai quali il DPI lo protegge;

f) rende disponibile nell’azienda ovvero unità produttiva informazioni adeguate su ogni DPI;

g) assicura una formazione adeguata e organizza, un necessario, uno specifico addestramento circa l’uso corretto e l’utilizzo pratico dei DPI.

5. In ogni caso l’addestramento è indispensabile:

a) per ogni DPI che, ai sensi del decreto legislativo 4 dicembre 1992, n. 475, appartenga alla terza categoria;

b) per i dispositivi di protezione dell’udito.

ART. 44 – Obblighi dei lavoratori

1. I lavoratori si sottopongono al programma di formazione e addestramento organizzato dal datore di lavoro nei casi ritenuti necessari ai sensi dell’art. 43, commi 4, lett. g), e 5.

2. I lavoratori utilizzano i DPI messi a loro disposizione conformemente all’informazione e alla formazione ricevute e all’addestramento eventualmente organizzato.

3. I lavoratori:

a) hanno cura dei DPI messi a loro disposizione;

b) non vi apportano modifiche di propria iniziativa.

4. Al termine dell’utilizzo i lavoratori seguono le procedure aziendali in materia di riconsegna dei DPI.

5. I lavoratori segnalano immediatamente al datore di lavoro o al dirigente o al preposto qualsiasi difetto o inconveniente da essi rilevato nei DPI messi a loro disposizione.

ART. 45 – Criteri per l’individuazione e l’uso

1. Il contenuto degli allegati III, IV e V costituisce elemento di riferimento per l’applicazione di quanto previsto all’art. 43, commi 1 e 4.

2. Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale con decreto dei Ministri dell’industria, del commercio e dell’artigianato, sentita la commissione consultiva permanente, tenendo conto della natura, dell’attività e dei fattori specifici di rischio, indica:

a) i criteri per l’individuazione e l’uso dei DPI;

b) le circostanze e le situazioni in cui, ferme restando le priorità delle misure di protezione collettiva, si rende necessario l’impiego dei DPI.

ART. 46 – Norma transitoria

1. Fino alla data del 31 dicembre 1998 e, nel caso di dispositivi di emergenza destinati all’autosalvataggio in caso di evacuazione, fino al 31 dicembre 2004 possono essere impiegati:

a) i DPI commercializzati ai sensi dell’art. 15, comma 1, del decreto legislativo 4 dicembre 1992, n. 475;

b) i DPI già in uso alla data di entrata in vigore del presente decreto prodotti conformemente alle normative vigenti nazionali o di altri Paesi della Comunità europea.

ART. 47 – Campo di applicazione

1. Le norme del presente titolo si applicano alle attività che comportano la movimentazione manuale dei carichi con rischi, tra l’altro, di lesioni dorso-lombari per i lavoratori durante il lavoro.

2. Si intendono per:

a) movimentazione manuale dei carichi: le operazioni di trasporto o di sostegno di un carico a opera di uno o più lavoratori, comprese le azioni del sollevare, deporre, spingere, tirare, portare o spostare un carico che, per le loro caratteristiche o in conseguenza delle condizioni ergonomiche sfavorevoli, comportino tra l’altro rischi di lesioni dorso-lombari;

b) lesioni dorso-lombari: lesioni a carico delle strutture osteomiotendinee e nerveovascolari a livello dorso-lombare.

ART. 48 – Obblighi dei datori di lavoro

1. Il datore di lavoro adotta le misure organizzative necessarie o ricorre ai mezzi appropriati, in particolare attrezzature meccaniche, per evitare la necessità di una movimentazione manuale dei carichi da parte dei lavoratori.

2. Qualora non sia possibile evitare la movimentazione manuale dei carichi a opera dei lavoratori, il datore di lavoro adotta le misure organizzative necessarie, ricorre ai mezzi appropriati o fornisce ai lavoratori stessi i mezzi adeguati, allo scopo di ridurre il rischio che comporta la movimentazione manuale dei detti carichi, in base all’allegato VI.

3. Nel caso in cui la necessità di una movimentazione manuale di un carico a opera del lavoratore non possa essere evitata, il datore di lavoro organizza i posti di lavoro in modo che detta movimentazione sia quanto più possibile sicura e sana.

4. Nei casi di cui al comma 3 il datore di lavoro:

a) valuta, se possibile, preliminarmente, le condizioni di sicurezza e di salute connesse al lavoro in questione e tiene conto in particolare delle caratteristiche del carico, in base all’allegato VI;

b) adotta le misure atte a evitare o ridurre tra l’altro i rischi di lesioni dorso-lombari, tenendo conto in particolare dei fattori individuali di rischi, delle caratteristiche dell’ambiente di lavoro e delle esigenze che tale attività comporta, in base all’allegato VI;

c) sottopone alla sorveglianza sanitaria di cui all’art. 16 gli addetti alle attività di cui al presente titolo.

ART. 49 – Informazione e formazione

1. Il datore di lavoro fornisce ai lavoratori informazioni, in particolare per quanto riguarda:

a) il peso di un carico;

b) il centro di gravità o il lato più pesante nel caso in cui il contenuto di un imballaggio abbia una collocazione eccentrica;

c) la movimentazione corretta dei carichi e i rischi che i lavoratori corrono se queste attività non vengono eseguite in maniera corretta, tenuto conto degli elementi di cui all’allegato VI.

2. Il datore di lavoro assicura ai lavoratori una formazione adeguata, in particolare in ordine a quanto indicato al comma 1.

ART. 50 – Campo di applicazione

1. Le norme del presente titolo si applicano alle attività lavorative che comportano l’uso di attrezzature munite di videoterminali.

2. Le norme del presente titolo si applicano ai lavoratori addetti:

a) ai posti di guida di veicoli o macchine;

b) ai sistemi informatici montati a bordo di un mezzo di trasporto;

c) ai sistemi informatici destinati in modoprioritario all’utilizzazione da parte del pubblico;

d) ai sistemi denominati portatili ove non siano oggetto di utilizzazione prolungata in un posto di lavoro;

e) alle macchine calcolatrici, ai registratori di cassa e a tutte le attrezzature munite di un piccolo dispositivo di visualizzazione dei dati o delle misure, necessario all’uso diretto di tale attrezzatura;

f) alle macchine di videoscrittura senza schermo separato.

ART. 51 – Definizioni

1. Ai fini del presente titolo si intende per:

a) videoterminale: uno schermo alfanumerico o grafico a prescindere dal tipo di procedimento di visualizzazione utilizzato;

b) posto di lavoro: l’insieme che comprende le attrezzature munite di videoterminale, eventualmente con tastiera ovvero altro sistema di immissione dati, ovvero software per l’interfaccia uomo-macchina, gli accessori opzionali, le apparecchiature connesse, comprendenti l’unità a dischi, il telefono, il modem, la stampante, il supporto per i documenti, la sedia, il piano di lavoro, nonché l’ambiente di lavoro immediatamente circostante;

c) lavoratore: il lavoratore che utilizza un’attrezzatura munita di videoterminale in modo sistematico e abituale, per almeno quattro ore consecutive giornaliere, dedotte le pause di cui all’art. 54, per tutta la settimana lavorativa.

ART. 52 – Obblighi del datore di lavoro

1. Il datore di lavoro, all’atto della valutazione del rischio di cui all’art. 4, comma 1, analizza i posti di lavoro con particolare riguardo:

a) ai rischi per la vista e per gli occhi;

b) ai problemi legati alla postura e all’affaticamento fisico o mentale;

c) alle condizioni ergonomiche e di igiene ambientale.

2. Il datore di lavoro adotta le misure appropriate per ovviare ai rischi riscontrati in base alle valutazioni di cui al comma 1, tenendo conto della somma ovvero della combinazione dell’incidenza dei rischi riscontrati.

ART. 53 – Organizzazione del lavoro

1. Il datore di lavoro assegna le mansioni e i compiti lavorativi comportanti l’uso dei videoterminali anche secondo una distribuzione del lavoro che consenta di evitare il più possibile la ripetitività e la monotonia delle operazioni.

ART. 54 – Svolgimento quotidiano del lavoro

1. Il lavoratore, qualora svolga la sua attività per almeno quattro ore consecutive, ha diritto a un’interruzione della sua attività mediante pause ovvero cambiamento di attività.

2. Le modalità di tali interruzioni sono stabilite dalla contrattazione collettiva anche aziendale.

3. In assenza di una disposizione contrattuale riguardante l’interruzione di cui al comma 1 il lavoratore comunque ha diritto a una pausa di 15 minuti ogni 120 minuti di applicazione continuativa al videoterminale.

4. Le modalità e la durata delle interruzioni possono essere stabilite temporaneamente a livello individuale ove il medico competente ne evidenzi la necessità.

5. È comunque esclusa la cumulabilità delle interruzioni all’inizio e al termine dell’orario di lavoro.

6. Nel computo dei tempi di interruzione non sono compresi i tempi di attesa della risposta da parte del sistema elettronico, che sono considerati, a tutti gli effetti, tempo di lavoro, ove il lavoratore non possa abbandonare il posto di lavoro.

7. La pausa è considerata a tutti gli effetti parte integrante dell’orario di lavoro e, come tale, non è riassorbibile all’interno di accordi che prevedano la riduzione dell’orario complessivo di lavoro.

ART. 55 – Sorveglianza sanitaria

1. I lavoratori di cui all’art. 54, prima di essere addetti alle attività di cui al presente titolo, sono sottoposti a una visita medica per evidenziare eventuali malformazioni strutturali e ad un esame degli occhi e della vista effettuato dal medico competente. Qualora l’esito della visita medica ne evidenzi la necessità, il lavoratore è sottoposto ad esami specialistici.

2. In base alle risultanze degli accertamenti di cui al comma 1 i lavoratori vengono classificati in:

a) idonei, con o senza prescrizioni;

b) non idonei.

3. I lavoratori classificati come idonei con prescrizioni ed i lavoratori che abbiano compiuto il 45° anno di età sono sottoposti a visita di controllo con periodicità almeno biennale.

4. Il lavoratore è sottoposto a controllo oftalmologico a sua richiesta, ogni qualvolta sospetti di una sopravvenuta alterazione della funzione visiva, confermata dal medico competente.

5. La spesa relativa alla dotazione di dispositivi speciali di correzione in funzione dell’attività svolta è a carico del datore di lavoro.

ART. 56 – Informazione e formazione

1. Il datore di lavoro fornisce ai lavoratori informazioni, in particolare per quanto riguarda:

a) le misure applicabili al posto di lavoro, in base all’analisi dello stesso di cui all’art. 52;

b) le modalità di svolgimento dell’attività;

c) la protezione degli occhi e della vista.

2. Il datore di lavoro assicura ai lavoratori una formazione adeguata in particolare in ordine a quanto indicato al comma 1.

3. Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il ministro della sanità, stabilisce con decreto una guida d’uso dei videoterminali.

ART. 57 – Consultazione e partecipazione

1. Il datore di lavoro informa preventivamente i lavoratori e il rappresentante per la sicurezza dei cambiamenti tecnologici che comportano mutamenti nell’organizzazione del lavoro, in riferimento alle attività di cui al presente titolo.

ART. 58 – Adeguamento alle norme

1. I posti di lavoro utilizzati successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto devono essere conformi alle prescrizioni dell’allegato VII.

2. I posti di lavoro utilizzati anteriormente alla data di entrata in vigore del presente decreto devono essere adeguati a quanto prescritto al comma 1 entro il 1° gennaio 1996.

ART. 59 – Caratteristiche tecniche

1. Con decreto dei Ministri del lavoro e della previdenza sociale, della sanità e dell’industria, del commercio e dell’artigianato, sentita la commissione consultiva permanente, sono disposti, anche in recepimento di direttive comunitarie, gli adattamenti di carattere tecnico all’allegato VII in funzione del progresso tecnico, dell’evoluzione delle normative e specifiche internazionali oppure delle conoscenze nel settore delle attrezzature dotate di videoterminali.

ART. 60 – Campo di applicazione

1. Le norme del presente titolo si applicano a tutte le attività nelle quali i lavoratori sono o possono essere esposti ad agenti cancerogeni a causa della loro attività lavorativa.

2. Le norme del presente titolo non si applicano alle attività disciplinate da:

a) decreto del decreto del Presidente della Repubblica 10 settembre 1982, n. 962;

b) decreto legislativo 25 gennaio 1992, n. 77;

c) decreto legislativo 15 agosto 1991, n. 277, capo III.

3. Il presente titolo non si applica ai lavoratori esposti soltanto alle radiazioni previste dal trattato che istituisce la Comunità europea dell’energia atomica.

ART. 61 – Definizioni

1. Agli effetti del presente decreto si intende per agente cancerogeno:

a) una sostanza alla quale, nell’allegato 1 della direttiva 67/548/CEE, è attribuita la menzione R 45: “Può provocare il cancro” o la menzione R 49: “Può provocare il cancro per inalazione”;

b) un preparato su cui, a norma dell’art. 3, paragrafo 5, lettera j), della direttiva 88/379/CEE deve essere apposta l’etichetta con la menzione R 45: “Può provocare il cancro” o con la menzione R 49: “Può provocare il cancro per inalazione”;

c) una sostanza, un preparato o un processo di cui all’allegato VIII nonché una sostanza od un preparato prodotti durante un processo previsto all’allegato VIII.

ART. 62 – Sostituzione e riduzione

1. Il datore di lavoro evita o riduce l’utilizzazione di un agente cancerogeno sul luogo di lavoro in particolare sostituendolo, sempre che ciò è tecnicamente possibile, con una sostanza o un preparato o un procedimento che nelle condizioni in cui viene utilizzato non è o è meno nocivo alla salute e eventualmente alla sicurezza dei lavoratori.

2. Se non è tecnicamente possibile sostituire l’agente cancerogeno il datore di lavoro provvede affinché la produzione o l’utilizzazione dell’agente cancerogeno avvenga in un sistema chiuso sempre che ciò è tecnicamente possibile.

3. Se il ricorso a un sistema chiuso non è tecnicamente possibile il datore di lavoro provvede affinché il livello di esposizione dei lavoratori sia ridotto al più basso valore tecnicamente possibile.

ART. 63 – Valutazione del rischio

1. Fatto salvo quanto previsto dall’art. 62, il datore di lavoro effettua una valutazione dell’esposizione a agenti cancerogeni, i risultati della quale sono riportati nel documento di cui all’art. 4, commi 2 e 3.

2. Detta valutazione tiene conto, in particolare, delle caratteristiche delle lavorazioni, della loro durata e della loro frequenza, dei quantitativi di agenti cancerogeni prodotti ovvero utilizzati, della loro concentrazione, della capacità degli stessi di penetrare nell’organismo per le diverse vie di assorbimento, anche in relazione al loro stato di aggregazione e, qualora allo stato solido, se in massa compatta o in scaglie o in forma polverulenta e se o meno contenuti in una matrice solida che ne riduce o ne impedisce la fuoriuscita.

3. Il datore di lavoro, in relazione ai risultati della valutazione di cui al comma 1, adotta le misure preventive e protettive del presente titolo, adattandole alle particolarità delle situazioni lavorative.

4. Il documento di cui all’art. 4, commi 2 e 3, è integrato con i seguenti dati:

a) le attività lavorative che comportano la presenza di sostanze o preparati cancerogeni o di processi industriali di cui all’allegato VIII, con l’indicazione dei motivi per i quali sono impiegati agenti cancerogeni;

b) i quantitativi di sostanze ovvero preparati cancerogeni prodotti ovvero utilizzati, ovvero presenti come impurità o sottoprodotti;

c) il numero dei lavoratori esposti ovvero potenzialmente esposti ad agenti cancerogeni;

d) l’esposizione dei suddetti lavoratori, ove nota e il grado della stessa;

e) le misure preventive e protettive applicate e il tipo dei dispositivi di protezione individuali utilizzati;

f) le indagini svolte per la possibile sostituzione degli agenti cancerogeni e le sostanze e i preparati eventualmente utilizzati come sostituti.

5. Il datore di lavoro effettua nuovamente la valutazione di cui al comma 1 in occasione di modifiche del processo produttivo significative ai fini della sicurezza e della salute sul lavoro e, in ogni caso, trascorsi tre anni dall’ultima valutazione effettuata.

6. Il rappresentante per la sicurezza ha accesso anche ai dati di cui al comma 4, fermo restando l’obbligo di cui all’art. 9, comma 3.

ART. 64 – Misure tecniche, organizzative, procedurali

1. Il datore di lavoro:

a) assicura, applicando metodi e procedure di lavoro adeguati, che nelle varie operazioni lavorative siano impiegati quantitativi di agenti cancerogeni non superiori alle necessità delle lavorazioni e che gli agenti cancerogeni in attesa di impiego, in forma fisica tale da causare rischio di introduzione, non sono accumulati sul luogo di lavoro in quantitativi superiori alle necessità predette;

b) limita al minimo possibile il numero dei lavoratori esposti o che possono essere esposti ad agenti cancerogeni, anche isolando le lavorazioni in aree predeterminate provviste di adeguati segnali di avvertimento e di sicurezza, compresi i segnali “vietato fumare”, ed accessibili soltanto ai lavoratori che debbono recarvisi per motivi connessi con la loro mansione o con la loro funzione. In dette aree è fatto divieto di fumare;

c) progetta, programma e sorveglia le lavorazioni in modo che non vi è emissione di agenti cancerogeni nell’aria. Se ciò non è tecnicamente possibile, l’eliminazione degli agenti cancerogeni deve avvenire il più vicino possibile al punto di emissione mediante aspirazione localizzata, nel rispetto dell’art. 4, comma 5, lett. n). L’ambiente di lavoro deve comunque essere dotato di un adeguato sistema di ventilazione generale;

d) provvede alla misurazione di agenti cancerogeni per verificare l’efficacia delle misure di cui alla lettera c) e per individuare precocemente le esposizioni anomale causate da un evento non prevedibile o da un incidente, con metodi di campionatura e di misurazione conformi alle indicazioni dell’allegato VIII del decreto legislativo 15 agosto 1991, n. 277;

e) provvede alla regolare e sistematica pulitura dei locali, delle attrezzature e degli impianti;

f) elabora procedure per i casi di emergenza che possono comportare esposizioni elevate;

g) assicura che gli agenti cancerogeni sono conservati, manipolati, trasportati in condizioni di sicurezza;

h) assicura che la raccolta e l’immagazzinamento, ai fini dello smaltimento degli scarti e dei residui delle lavorazioni contenenti agenti cancerogeni, avvengano in condizioni di sicurezza, in particolare utilizzando contenitori ermetici etichettati in modo chiaro, netto, visibile;

i) dispone, su conforme parere del medico competente, misure protettive particolari per quelle categorie di lavoratori per i quali l’esposizione a taluni agenti cancerogeni presenta rischi particolarmente elevati.

ART. 65 – Misure igieniche

1. Il datore di lavoro:

a) assicura che i lavoratori dispongano di servizi igienici appropriati e adeguati;

b) dispone che i lavoratori abbiano in dotazione idonei indumenti protettivi da riporre in posti separati dagli abiti civili;

c) provvede affinché i dispositivi di protezione individuale siano custoditi in luoghi determinati, controllati e puliti dopo ogni utilizzazione, provvedendo altresì a far riparare o sostituire quelli difettosi, prima di ogni nuova utilizzazione.

2. E vietato assumere cibi e bevande o fumare nelle zone di lavoro di cui all’art. 64, lettera b).

ART. 66 – Informazione e formazione

1. Il datore di lavoro fornisce ai lavoratori, sulla base delle conoscenze disponibili, informazioni ed istruzioni in particolare per quanto riguarda:

a) gli agenti cancerogeni presenti nei cicli lavorativi, la loro dislocazione, i rischi per la salute connessi al loro impiego, ivi compresi i rischi supplementari dovuti al fumare;

b) le precauzioni da prendere per evitare l’esposizione;

c) le misure igieniche da osservare;

d) la necessità di indossare e impiegare indumenti di lavoro e protettivi e dispositivi individuali di protezione ed il loro corretto impiego;

e) il modo di prevenire il verificarsi di incidenti e le misure da adottare per ridurre al minimo le conseguenze.

2. Il datore di lavoro assicura ai lavoratori una formazione adeguata in particolare in ordine a quanto indicato al comma 1.

3. L’informazione e la formazione di cui ai commi 1 e 2 sono fornite prima che i lavoratori siano adibiti alle attività in questione e vengono ripetute, con frequenza almeno quinquennale, e comunque ogni qualvolta si verifichino nelle lavorazioni cambiamenti che influiscono sulla natura e sul grado dei rischi.

4. Il datore di lavoro provvede inoltre affinché gli impianti, i contenitori, gli imballaggi contenenti agenti cancerogeni siano etichettati in maniera chiaramente leggibile e comprensibile. I contrassegni utilizzati e le altre indicazioni devono essere conformi al disposto della legge 29 maggio 1974, n. 256, e successive modifiche ed integrazioni.

ART. 67 – Esposizione non prevedibile

1. Se si verificano eventi non prevedibili o incidenti che possono comportare un’esposizione anomala dei lavoratori, il datore di lavoro adotta quanto prima misure appropriate per identificare e rimuovere la causa dell’evento e ne informa i lavoratori e il rappresentante per la sicurezza.

2. I lavoratori devono abbandonare immediatamente l’area interessata, cui possono accedere soltanto gli addetti agli interventi di riparazione ed ad altre operazioni necessarie, indossando idonei indumenti protettivi e dispositivi di protezione delle vie respiratorie, messi a loro disposizione dal datore di lavoro. In ogni caso l’uso dei dispositivi di protezione non può essere permanente e la sua durata, per ogni lavoratore, è limitata al minimo strettamente necessario.

3. Il datore di lavoro comunica al più presto all’organo di vigilanza il verificarsi degli eventi di cui al comma 1 e riferisce sulle misure adottate per ridurre al minimo le conseguenze.

ART. 68 – Operazioni lavorative particolari

1. Nel caso di determinate operazioni lavorative, come quella di manutenzione, per le quali, nonostante l’adozione di tutte le misure di prevenzione tecnicamente applicabili, è prevedibile un’esposizione rilevante dei lavoratori addetti, il datore di lavoro previa consultazione del rappresentante per la sicurezza:

a) dispone che soltanto tali lavoratori hanno accesso alle suddette aree anche provvedendo, ove tecnicamente possibile, all’isolamento delle stesse ed alla loro identificazione mediante appositi contrassegni;

b) fornisce ai lavoratori speciali indumenti e dispositivi di protezione individuale che devono essere indossati dai lavoratori adibiti alle suddette operazioni.

2. La presenza nelle aree di cui al comma 1 dei lavoratori addetti è in ogni caso ridotta al minimo compatibilmente con le necessità delle lavorazioni.

ART. 69 – Accertamenti sanitari e norme preventive e protettive specifiche

1. I lavoratori per i quali la valutazione di cui all’art. 63 ha evidenziato un rischio per la salute sono sottoposti a sorveglianza sanitaria.

2. Il datore di lavoro, su conforme parere del medico competente, adotta misure preventive e protettive per singoli lavoratori sulla base delle risultanze degli esami clinici e biologici effettuati.

3. Le misure di cui al comma 2 possono comprendere l’allontanamento del lavoratore secondo le procedure dell’art. 8 del decreto legislativo 15 agosto 1991, n. 277.

4. Ove gli accertamenti sanitari abbiano evidenziato, nei lavoratori esposti in modo analogo a uno stesso agente, l’esistenza di una anomalia imputabile a tale esposizione, il medico competente ne informa il datore di lavoro.

5. A seguito dell’informazione di cui al comma 4 il datore di lavoro dispone una nuova valutazione del rischio in conformità all’art. 63 e, ove tecnicamente possibile, una misurazione della concentrazione dall’agente in aria, per verificare l’efficacia delle misure adottate.

6. Il medico competente fornisce ai lavoratori adeguate informazioni sulla sorveglianza sanitaria cui sono sottoposti, con particolare riguardo all’opportunità di sottoporsi ad accertamenti sanitari anche dopo la cessazione dell’attività lavorativa.

ART. 70 – Registro di esposizione e cartelle sanitarie

1. I lavoratori di cui all’art. 69 sono iscritti in un registro nel quale è riportata, per ciascuno di essi, l’attività svolta, l’agente cancerogeno utilizzato ed, ove noto, il valore dell’esposizione a tale agente. Detto registro è istituito e aggiornato dal datore di lavoro che ne cura la tenuta per il tramite del medico competente. Il responsabile del servizio di prevenzione e protezione dai rischi e il rappresentante per la sicurezza hanno accesso a detto registro.

2. Per ciascuno dei lavoratori di cui all’art. 69 è istituita una cartella sanitaria e di rischio, custodita, a cura del medico competente, presso l’azienda ovvero l’unità produttiva, sotto la responsabilità del datore di lavoro.

3. Il datore di lavoro:

a) consegna copia del registro di cui al comma 1 all’ISPESL ed all’organo di vigilanza competente per territorio e comunicando loro ogni 3 anni, e comunque ogni qualvolta i medesimi ne facciano richiesta, le variazioni intervenute;

b) consegna, a richiesta, all’Istituto superiore di sanità copia del registro di cui al comma 1;

c) comunica, all’ISPESL e all’organo di vigilanza competente per territorio, la cessazione del rapporto di lavoro dei lavoratori di cui all’art. 69, con le eventuali variazioni sopravvenute dall’ultima comunicazione, delle relative annotazioni individuali contenute nel registro di cui al comma 1. Consegna all’ISPESL le relative cartelle sanitarie e di rischio di cui al comma 2;

d) in caso di cessazione di attività dell’azienda, consegna il registro di cui al comma 1 all’ISPESL e copia dello stesso all’organo di vigilanza competente per territorio. Consegna all’ISPESL le cartelle sanitarie e di rischio di cui al comma 2;

e) in caso di assunzione di lavoratori che hanno in precedenza esercitato attività con esposizione al medesimo agente, richiede all’ISPESL copia delle annotazioni individuali contenute nel registro di cui al comma 1, nonché copia della cartella sanitaria e di rischio di cui al comma 2;

f) tramite il medico competente comunica ai lavoratori interessati le relative annotazioni individuali contenute nel registro di cui al comma 1 e nella cartella sanitaria e di rischio di cui al comma 2 ed al rappresentante per la sicurezza, i dati collettivi anonimi contenuti nel registro di cui al comma 1.

4. Le annotazioni individuali contenute nel registro di cui al comma 1 e le cartelle sanitarie e di rischio di cui al comma 2 sono conservate dal datore di lavoro almeno fino a risoluzione del rapporto di lavoro e dall’ISPESL fino a quaranta anni dalla cessazione di ogni attività che espone ad agenti cancerogeni.

5. La documentazione di cui ai precedenti comma è custodita e trasmessa con salvaguardia del segreto professionale.

6. I modelli e le modalità di tenuta dei registri e delle cartelle sanitarie di cui rispettivamente ai commi 1 e 2 sono determinati con decreto del Ministro della sanità di concerto con il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, sentita la commissione consultiva permanente.

7. L’ISPESL trasmette annualmente al Ministero della sanità dati di sintesi relativi alle risultanze dei requisiti di cui al comma 1.

ART. 71 – Registrazione dei tumori

1. I medici, le strutture sanitarie pubbliche e private, nonché gli istituti previdenziali assicurativi pubblici o privati, che refertano casi di neoplasie da loro ritenute causate da esposizione lavorativa ad agenti cancerogeni, trasmettono all’ISPESL copia della relativa documentazione clinica ovvero anatomopatologica e quella inerente l’anamnesi lavorativa.

2. Presso l’ISPESL è tenuto, ai fini di analisi aggregate, un archivio nominativo dei casi di neoplasia di cui al comma 1.

3. Con decreto dei Ministri della sanità e del lavoro e della previdenza sociale, sentita la commissione consultiva permanente, sono determinate le caratteristiche dei sistemi informativi che, in funzione del tipo di neoplasia accertata, ne stabiliscono la raccolta, l’acquisizione, l’elaborazione e l’archiviazione, nonché le modalità di registrazione di cui al comma 2, e le modalità di trasmissione di cui al comma 1.

4. Il Ministero della sanità fornisce, su richiesta, alla Commissione CE, informazioni sulle utilizzazioni dei dati del registro di cui al comma 1.

ART. 72 – Adeguamenti normativi

1. Nelle attività con uso di sostanze o preparati ai quali è attribuita dalla direttiva comunitaria la menzione R 45: “Può provocare il cancro” o la menzione R 49: “Può provocare il cancro per inalazione”, il datore di lavoro applica le norme del presente titolo.

2. Con decreto dei Ministri del lavoro e della previdenza sociale e della sanità, sentita la commissione consultiva permanente e la commissione tossicologica nazionale, è aggiornato periodicamente l’elenco delle sostanze e dei processi di cui all’allegato VIII in funzione del progresso tecnico, dell’evoluzione di normative e specifiche internazionali e delle conoscenze nel settore degli agenti cancerogeni.

ART. 73 – Campo di applicazione

1. Le norme del presente titolo si applicano a tutte le attività lavorative nelle quali vi è rischio di esposizione ad agenti biologici.

2. Restano ferme le disposizioni particolari di recepimento delle norme comunitarie sull’impiego confinato di microorganismi geneticamente modificati e sull’emissione deliberata nell’ambiente di organismi geneticamente modificati.

ART. 74 – Definizioni

1. Ai sensi del presente titolo si intende per:

a) agente biologico: qualsiasi microorganismo anche se geneticamente modificato, coltura cellulare ed endoparassita umano che potrebbe provocare infezioni, allergie o intossicazioni;

b) microorganismo: qualsiasi entità microbiologica, cellulare o meno, in grado di riprodursi o trasferire materiale genetico;

c) coltura cellulare: il risultato della crescita in vitro di cellule derivate da organismi pluricellulari.

ART. 75 – Classificazione degli agenti biologici

1. Gli agenti biologici sono ripartiti nei seguenti quattro gruppi a seconda del rischio di infezione:

a) agente biologico del gruppo 1: un agente che presenta poche probabilità di causare malattie in soggetti umani;

b) agente biologico del gruppo 2: un agente che può causare malattie in soggetti umani e costituire un rischio per i lavoratori; è poco probabile che si propaghi nella comunità; sono di norma disponibili efficaci misure profilattiche o terapeutiche;

c) agente biologico del gruppo 3: un agente che può causare malattie gravi in soggetti umani e costituisce un serio rischio per i lavoratori; l’agente biologico può propagarsi nella comunità, ma di norma sono disponibili efficaci misure profilattiche o terapeutiche;

d) agente biologico del gruppo 4: un agente biologico che può provocare malattie gravi in soggetti umani e costituisce un serio rischio per i lavoratori e può presentare un elevato rischio di propagazione nella comunità; non sono disponibili, di norma, efficaci misure profilattiche o terapeutiche.

2. Nel caso in cui l’agente biologico oggetto di classificazione non può essere attribuito in modo inequivocabile a uno fra i due gruppi sopraindicati, esso va classificato nel gruppo di rischio più elevato tra le due possibilità.

3. L’allegato XI riporta l’elenco degli agenti biologici classificati nei gruppi 2, 3, 4.

ART. 76 – Comunicazione

1. Il datore di lavoro che intende esercitare attività che comportano uso di agenti biologici dei gruppi 2 o 3, comunica all’organo di vigilanza territorialmente competente le seguenti informazioni, almeno 30 giorni prima dell’inizio dei lavori:

a) il nome e l’indirizzo dell’azienda e il suo titolare;

b) il documento di cui all’art. 78, comma 5.

2. Il datore di lavoro che è stato autorizzato all’esercizio di attività che comporta l’utilizzazione di un agente biologico del gruppo 4 è tenuto alla comunicazione di cui al comma 1.

3. Il datore di lavoro invia una nuova comunicazione ogni qualvolta si verificano nelle lavorazioni mutamenti che comportano una variazione significativa del rischio per la salute sul posto di lavoro, o, comunque, ogni qualvolta si intende utilizzare un nuovo agente classificato dal datore di lavoro in via provvisoria.

4. Il rappresentante per la sicurezza ha accesso alle informazioni di cui al comma 1.

5. Ove le attività di cui al comma 1 comportano la presenza di microorganismi geneticamente modificati appartenenti al gruppo II, come definito all’art. 4 del decreto legislativo 3 marzo 1993, n. 91, il documento di cui al comma 1, lettera b), è sostituito da copia della documentazione prevista per i singoli casi di specie dal predetto decreto.

6. I laboratori che forniscono un servizio diagnostico sono tenuti alla comunicazione di cui al comma 1 anche per quanto riguarda gli agenti biologici del gruppo 4.

ART. 77 – Autorizzazione

1. Il datore di lavoro che intende utilizzare, nell’esercizio della propria attività, un agente biologico del gruppo 4 deve munirsi di autorizzazione del Ministero della sanità.

2. La richiesta di autorizzazione è corredata da:

a) le informazioni di cui all’art. 76, comma 1;

b) l’elenco degli agenti che si intende utilizzare.

3. L’autorizzazione è rilasciata dal Ministero della sanità sentito il parere dell’Istituto superiore di sanità. Essa ha la durata di 5 anni ed è rinnovabile. L’accertamento del venir meno di una delle condizioni previste per l’autorizzazione ne comporta la revoca.

4. Il datore di lavoro in possesso dell’autorizzazione di cui al comma 1, informa il Ministero della sanità di ogni nuovo agente biologico del gruppo 4 utilizzato, nonché di ogni avvenuta cessazione di impiego di un agente biologico del gruppo 4.

5. I laboratori che forniscono un servizio diagnostico sono esentati dagli adempimenti di cui al comma 4.

6. Il Ministero della sanità comunica all’organo di vigilanza competente per territorio le autorizzazioni concesse e le variazioni sopravvenute nell’utilizzazione di agenti biologici del gruppo 4. Il Ministero della sanità istituisce ed aggiorna un elenco di tutti gli agenti biologici del gruppo 4 dei quali è stata comunicata l’utilizzazione sulla base delle previsioni di cui ai commi 1 e 4.

ART. 78 – Valutazione del rischio

1. Il datore di lavoro, nella valutazione del rischio di cui all’art. 4, comma 1, tiene conto di tutte le informazioni disponibili relative alle caratteristiche dell’agente biologico e delle modalità lavorative, ed in particolare:

a) della classificazione degli agenti biologici che presentano o possono presentare un pericolo per la salute umana quale risultante dall’allegato XI o, in assenza, di quella effettuata dal datore di lavoro stesso sulla base delle conoscenze disponibili e seguendo i criteri di cui all’art. 75, commi 1 e 2;

b) dell’informazione sulle malattie che possono essere contratte;

c) dei potenziali effetti allergici e tossici;

d) della conoscenza di una patologia della quale sia affetto un lavoratore, che è da porre in correlazione diretta all’attività lavorativa svolta;

e) delle eventuali ulteriori situazioni rese note dall’autorità sanitaria competente che possono influire sul rischio;

f) del sinergismo dei diversi gruppi di agenti biologici utilizzati.

2. Il datore di lavoro, in relazione al rischio accertato, adotta le misure protettive e preventive di cui al presente titolo, adattandole alle particolarità delle situazioni lavorative.

3. Il datore di lavoro effettua nuovamente la valutazione di cui al comma 1 in occasione di modifiche dell’attività lavorativa significative ai fini della sicurezza e della salute sul lavoro e, in ogni caso, trascorsi tre anni dall’ultima valutazione effettuata.

4. Nelle attività, quali quelle riportate a titolo esemplificativo nell’allegato IX, che, pur non comportando la deliberata intenzione di operare con agenti biologici, possono implicare il rischio di esposizioni dei lavoratori agli stessi, il datore di lavoro può prescindere dall’applicazione delle disposizioni di cui agli articoli 80, 81, commi 1 e 2, 82, comma 3, e 86, qualora i risultati della valutazione dimostrano che l’attuazione di tali misure non è necessaria.

5. Il documento di cui all’art. 4, commi 2 e 3, è integrato dai seguenti dati:

a) le fasi del procedimento lavorativo che comportano il rischio di esposizione ad agenti biologici;

b) il numero dei lavoratori addetti alle fasi di cui alla lettera a);

c) le generalità del responsabile del servizio di prevenzione e protezione dai rischi;

d) i metodi e le procedure lavorative adottate, nonché le misure preventive e protettive applicate;

e) il programma di emergenza per la protezione dei lavoratori contro i rischi di esposizione ad un agente biologico del gruppo 3 o del gruppo 4, nel caso di un difetto nel contenimento fisico.

6. Il rappresentante per la sicurezza è consultato prima dell’effettuazione della valutazione di cui al comma 1 ed ha accesso anche ai dati di cui al comma 5.

ART. 79 – Misure tecniche, organizzative, procedurali

1. In tutte le attività per le quali la valutazione di cui all’art. 78 evidenzia rischi per la salute dei lavoratori il datore di lavoro attua misure tecniche, organizzative e procedurali, per evitare ogni esposizione degli stessi ad agenti biologici.

2. In particolare, il datore di lavoro:

a) evita l’utilizzazione di agenti biologici nocivi, se il tipo di attività lavorativa lo consente;

b) limita al minimo i lavoratori esposti, o potenzialmente esposti, al rischio di agenti biologici;

c) progetta adeguatamente i processi lavorativi;

d) adotta misure collettive di protezione ovvero misure di protezione individuali qualora non sia possibile evitare altrimenti l’esposizione;

e) adotta misure igieniche per prevenire e ridurre al minimo la propagazione accidentale di un agente biologico fuori dal luogo di lavoro;

f) usa il segnale di rischio biologico, rappresentato nell’allegato X, e altri segnali di avvertimento appropriati;

g) elabora idonee procedure per prelevare, manipolare e trattare campioni di origine umana ed animale;

h) definisce procedure di emergenza per affrontare incidenti;

i) verifica la presenza di agenti biologici sul luogo di lavoro al di fuori del contenimento fisico primario, se necessario o tecnicamente realizzabile;

l) predispone i mezzi necessari per la raccolta, l’immagazzinamento e lo smaltimento dei rifiuti in condizioni di sicurezza, mediante l’impiego di contenitori adeguati ed identificabili eventualmente dopo idoneo trattamento dei rifiuti stessi;

m) concorda procedure per la manipolazione ed il trasporto in condizioni di sicurezza di agenti biologici all’interno del luogo di lavoro.

ART. 80 – Misure igieniche

1. In tutte le attività nelle quali la valutazione di cui all’art. 78 evidenzia rischi per la salute dei lavoratori, il datore di lavoro assicura che:

a) i lavoratori dispongano dei servizi sanitari adeguati provvisti di docce con acqua calda e fredda, nonché, se del caso, di lavaggi oculari e antisettici per la pelle;

b) i lavoratori abbiano in dotazione indumenti protettivi o altri indumenti idonei, da riporre in posti separati dagli abiti civili;

c) i dispositivi di protezione individuale siano controllati, disinfettati e puliti dopo ogni utilizzazione, provvedendo altresì a far riparare o sostituire quelli difettosi prima dell’utilizzazione successiva;

d) gli indumenti di lavoro e protettivi che possono essere contaminati da agenti biologici vengano tolti quando il lavoratore lascia la zona di lavoro, conservati separatamente dagli altri indumenti, disinfettati, puliti e, se necessario, distrutti.

2. È vietato assumere cibi o bevande e fumare nelle aree di lavoro in cui c’è rischio di esposizione.

ART. 81 – Misure specifiche per le strutture sanitarie e veterinarie

1. Il datore di lavoro, nelle strutture sanitarie e veterinarie, in sede di valutazione dei rischi, presta particolare attenzione alla possibile presenza di agenti biologici nell’organismo dei pazienti o degli animali e nei relativi campioni e residui e al rischio che tale presenza comporta in relazione al tipo di attività svolta.

2. In relazione ai risultati della valutazione il datore di lavoro definisce e provvede a che siano applicate procedure che consentono di manipolare, decontaminare ed eliminare senza rischi per l’operatore e per la comunità, i materiali ed i rifiuti contaminati.

3. Nei servizi di isolamento che ospitano pazienti od animali che sono, o potrebbero essere, contaminati da agenti biologici del gruppo 3 o del gruppo 4, le misure di contenimento da attuare per ridurre al minimo il rischio di infezione sono indicate nell’allegato XII.

ART. 82 – Misure specifiche per i laboratori e gli stabulari

1. Fatto salvo quanto specificatamente previsto all’allegato XI, punto 6, nei laboratori comportanti l’uso di agenti biologici dei gruppi 2, 3 o 4 a fini di ricerca, didattici o diagnostici, e nei locali destinati ad animali da laboratorio deliberatamente contaminati con tali agenti, il datore di lavoro adotta idonee misure di contenimento in conformità all’allegato XII.

2. Il datore di lavoro assicura che l’uso di agenti biologici sia eseguito:

a) in aree di lavoro corrispondenti almeno al secondo livello di contenimento, se l’agente appartiene al gruppo 2;

b) in aree di lavoro corrispondenti almeno al terzo livello di contenimento, se l’agente appartiene al gruppo 3;

c) in aree di lavoro corrispondenti almeno al quarto livello di contenimento, se l’agente appartiene al gruppo 4.

3. Nei laboratori comportanti l’uso di materiali con possibile contaminazione da agenti biologici patogeni per l’uomo e nei locali destinati ad animali da esperimento, possibili portatori di tali agenti, il datore di lavoro adotta misure corrispondenti almeno a quelle del secondo livello di contenimento.

4. Nei luoghi di cui ai commi 1 e 3 in cui si fà uso di agenti biologici non ancora classificati, ma il cui uso può far sorgere un rischio grave per la salute dei lavoratori, il datore di lavoro adotta misure corrispondenti almeno a quelle del terzo livello di contenimento.

5. Per i luoghi di lavoro di cui ai commi 3 e 4, il Ministero della sanità, sentito l’Istituto superiore di sanità, può individuare misure di contenimento più elevate.

ART. 83 – Misure specifiche per i processi industriali

1. Fatto salvo quanto specificatamente previsto all’allegato XI, punto 6, nei processi industriali comportanti l’uso di agenti biologici dei gruppi 2, 3 e 4, il datore di lavoro adotta misure opportunamente scelte tra quelle elencate nell’allegato XIII, tenendo anche conto dei criteri di cui all’art. 82, comma 2.

2. Nel caso di agenti biologici non ancora classificati, il cui uso può far sorgere un rischio grave per la salute dei lavoratori, il datore di lavoro adotta misure corrispondenti almeno a quelle del terzo livello di contenimento.

ART. 84 – Misure di emergenza

1. Se si verificano incidenti che possono provocare la dispersione nell’ambiente di un agente biologico appartenente ai gruppi 2, 3 o 4, i lavoratori devono abbandonare immediatamente la zona interessata, cui possono accedere soltanto quelli addetti ai necessari interventi, con l’obbligo di usare gli idonei mezzi di protezione.

2. Il datore di lavoro informa al più presto l’organo di vigilanza territorialmente competente, nonché i lavoratori ed il rappresentante per la sicurezza, dell’evento, delle cause che lo hanno determinato e delle misure che intende adottare, o che ha già adottato, per porre rimedio alla situazione creatasi.

3. I lavoratori segnalano immediatamente al datore di lavoro o al dirigente o al preposto, qualsiasi infortunio o incidente relativo all’uso di agenti biologici.

ART. 85 – Informazioni e formazione

1. Nelle attività per le quali la valutazione di cui all’art. 78 evidenzia rischi per la salute dei lavoratori, il datore di lavoro fornisce ai lavoratori, sulla base delle conoscenze disponibili, informazioni ed istruzioni, in particolare per quanto riguarda:

a) i rischi per la salute dovuti agli agenti biologici utilizzati;

b) le precauzioni da prendere per evitare l’esposizione;

c) le misure igieniche da osservare;

d) la funzione degli indumenti di lavoro e protettivi e dei dispositivi di protezione individuale ed il loro corretto impiego;

e) le procedure da seguire per la manipolazione di agenti biologici del gruppo 4;

f) il modo di prevenire il verificarsi di infortuni e le misure da adottare per ridurne al minimo le conseguenze.

2. Il datore di lavoro assicura ai lavoratori una formazione adeguata in particolare in ordine a quanto indicato al comma 1.

3. L’informazione e la formazione di cui ai commi 1 e 2 sono fornite prima che i lavoratori siano adibiti alle attività in questione, e ripetute, con frequenza almeno quinquennale, e comunque ogni qualvolta si verifichino nelle lavorazioni cambiamenti che influiscono sulla natura e sul grado dei rischi.

4. Nel luogo di lavoro sono apposti in posizione ben visibile cartelli su cui sono riportate le procedure da seguire in caso di infortunio od incidente.

ART. 86 – Prevenzione e controllo

1. I lavoratori addetti alle attività per le quali la valutazione dei rischi ha evidenziato un rischio per la salute sono sottoposti alla sorveglianza sanitaria.

2. Il datore di lavoro, su conforme parere del medico competente, adotta misure protettive particolari per quei lavoratori per i quali, anche per motivi sanitari individuali, si richiedono misure speciali di protezione, fra le quali:

a) la messa a disposizione di vaccini efficaci per quei lavoratori che non sono già immuni all’agente biologico presente nella lavorazione, da somministrare a cura del medico competente;

b) l’allontanamento temporaneo del lavoratore secondo le procedure dell’art. 8 del decreto legislativo 15 agosto 1991, n. 277.

ART. 87 – Registri degli esposti e degli eventi accidentali

1. I lavoratori addetti ad attività comportanti uso di agenti del gruppo 3 ovvero 4 sono iscritti in un registro in cui sono riportati, per ciascuno di essi, l’attività svolta, l’agente utilizzato e agli eventuali casi di esposizione individuale.

2. Il datore di lavoro istituisce ed aggiorna il registro di cui al comma 1 e ne cura la tenuta tramite il medico competente. Il responsabile del servizio di prevenzione e protezione e il rappresentante per la sicurezza hanno accesso a detto registro.

3. Il datore di lavoro:

a) consegna copia del registro di cui al comma 1 all’Istituto superiore di sanità e all’ISPESL, comunicando a essi ogni tre anni e comunque ogni qualvolta questi ne fanno richiesta, le variazioni intervenute;

b) comunica all’ISPESL la cessazione del rapporto di lavoro, dei lavoratori di cui al comma 1 fornendo nel contempo l’aggiornamento dei dati che li riguardano e consegna al medesimo Istituto le relative cartelle sanitarie e di rischio di cui all’art. 86, comma 5;

c) in caso di cessazione di attività dell’azienda, consegna all’Istituto superiore di sanità copia del registro di cui al comma 1 e all’ISPESL copia del medesimo registro nonché le cartelle sanitarie e di rischio di cui all’art. 86, comma 5;

d) in caso di assunzione di lavoratori che abbiano esercitato attività che comportano rischio di esposizione allo stesso agente richiede all’ISPESL copia delle annotazioni individuali contenute nel registro di cui al comma 1, nonché copia della cartella sanitaria e di rischio di cui all’art. 86, comma 5;

e) tramite il medico competente comunica ai lavoratori interessati le relative annotazioni individuali contenute nel registro di cui al comma 1 e nella cartella sanitaria e dirischio di cui all’art. 86, comma 5, ed al rappresentante per la sicurezza i dati collettivi anonimi contenuti nel registro di cui al comma 1.

4. Le annotazioni individuali contenute nel registro di cui al comma 1 e le cartelle sanitarie e di rischio di cui all’art. 86, comma 5, sono conservate dal datore di lavoro fino a risoluzione del rapporto di lavoro e dall’ISPESL fino a dieci anni dalla cessazione di ogni attività che espone ad agenti biologici. Nel caso di agenti per i quali è noto che possono provocare infezioni consistenti o latenti o che danno luogo a malattie con recrudescenza periodica per lungo tempo o che possono avere gravi sequele a lungo termine tale periodo è di quaranta anni.

5. La documentazione di cui ai precedenti commi è custodita e trasmessa con salvaguardia del segreto professionale.

6. I modelli e le modalità di tenuta dei registri e delle cartelle sanitarie di cui rispettivamente ai commi 1 e 2 sono determinati con decreto dei Ministri della sanità e del lavoro e della previdenza sociale sentita la commissione consultiva permanente.

7. L’ISPESL trasmette annualmente al Ministero della sanità dati di sintesi relativi alle risultanze del registro di cui al comma 1.

ART. 88 – Registro dei casi di malattia e di decesso

1. Presso l’ISPESL è tenuto un registro dei casi di malattia ovvero di decesso dovuti all’esposizione ad agenti biologici.

2. I medici, nonché le strutture sanitarie, pubbliche o private, che refertano i casi di malattia, ovvero di decesso di cui al comma 1, trasmettono all’ISPESL copia della relativa documentazione clinica.

3. Con decreto dei Ministri della sanità e del lavoro e della previdenza sociale, sentita la commissione consultiva, sono determinati il modello e le modalità di tenuta del registro di cui al comma 1, nonché le modalità di trasmissione della documentazione di cui al comma 2.

4. Il Ministero della sanità fornisce alla commissione CE, su richiesta, informazioni sull’utilizzazione dei dati del registro di cui al comma 1.

ART. 89 – Contravvenzioni commesse dai datori di lavoro e dai dirigenti

1. Il datore di lavoro e il dirigente sono puniti:

a) con l’arresto da tre a sei mesi o con l’ammenda da lire tre milioni a lire otto milioni per la violazione degli articoli 4, comma 5, lettere b), d), e), h), l), n) e q); 22, comma 1; 30, commi 3, 4, 5 e 6; 31; 54, commi 1, 2, 3 e 4; 55, commi 1, 3 e 4; 58;

b) con l’arresto da due a quattro mesi o con l’ammenda da lire un milione a lire cinque milioni per la violazione dell’art. 4, comma 5, lettere a), c), f), g), i), m) e p).

2. Il datore di lavoro è punito:

a) con l’arresto da tre a sei mesi o con l’ammenda da lire tre milioni a lire otto milioni per la violazione degli articoli 4, commi 2 e 7; 12, comma 1, lettere d) ed e) e comma 4; 15, comma 1; 32; 35, commi 1, 2, 4 e 5; 38; 43, commi 3, 4, lettere a), b), d), g), e comma 5; 48; 49, comma 2; 52, comma 2; 56, comma 2; 62; 63, commi 1, 3, 4 e 5; 64; 65, comma 1; 66, comma 2; 68; 69, commi 1, 2 e 5; 78, comma 2; 79, comma 2; 80, comma 1; 81, commi 2 e 3; 82, commi 1, 2, 3 e 4; 83; 85, comma 2; 86;

b) con l’arresto da due a quattro mesi o con l’ammenda da lire un milione a lire cinque milioni per la violazione degli articoli 4, commi 4 e 6; 7, commi 1, 2 e 3; 6, commi 2, 3, 7 e 8; 9, comma 2; 10; 12, comma 1, lettere a), b) e c); 15, comma 2; 21; 37; 43, comma 4, lettere c), e) ed f); 49, comma 1; 56, comma 1; 57; 63, comma 6; 66, commi 1 e 4; 67; 70, commi 1 e 2; 76; 77, commi 1 e 4; 78, comma 3; 84, commi 2 e 4; 85, comma 1; 87, commi 1 e 2.

3. Il datore di lavoro e il dirigente sono puniti con la sanzione amministrativa pecuniaria da lire un milione a lire sei milioni per la violazione dell’art. 4, comma 5, lettera o).

4. Il datore di lavoro è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da lire un milione a lire sei milioni per la violazione degli articoli 4, comma 8; 8, comma 11; 11, commi 1 e 3; 70, commi 3 e 4; 87, commi 3 e 4.

ART. 90 – Contravvenzioni commesse dai preposti

1. I preposti sono puniti:

a) con l’arresto sino a due mesi o con l’ammenda da lire cinquecentomila a lire due milioni per la violazione degli articoli 4, comma 5, lettere b), d), e), h), l), n) e q); 22, comma 1; 31, nonché per l’inosservanza delle prescrizioni minime di cui all’art. 30, comma 3; 54, commi 1, 2, 3 e 4; 55, commi 1, 3 e 4; 58;

b) con l’arresto sino ad un mese o con l’ammenda da lire trecentomila a lire un milione per la violazione dellart. 4, comma 5, lettere a), c), f), g), i), m) e p);

c) con la sanzione amministrativa pecuniaria da lire cinquecentomila a lire tre milioni per la violazione dell’art. 4, comma 5, lettera o).

ART. 91 – Contravvenzioni commesse dai commercianti e dagli installatori

1. La violazione dell’art. 6, comma 2, è punita con l’arresto fino a sei mesi o con l’ammenda da lire quindici milioni a lire sessanta milioni.

2. La violazione dell’art. 6, commi 1 e 3, è punita con l’arresto fino ad un mese o con l’ammenda da lire seicentomila a lire due milioni.

ART. 92 – Contravvenzioni commesse dal medico competente

1. Il medico competente è punito:

a) con l’arresto fino a due mesi o con l’ammenda da lire un milione a lire sei milioni per la violazione degli articoli 17, comma 1, lettere b), d), h) e l); 69, comma 4; 70, commi 1 e 2;

b) con l’arresto fino a un mese o con l’ammenda da lire cinquecentomila a lire tre milioni per la violazione degli articoli 17, comma 1, lettere e), f), g) ed i), nonché del comma 3; 69, comma 6.

ART. 93 – Contravvenzioni commesse dai lavoratori

1. I lavoratori sono puniti:

a) con l’ammenda da lire quattrocentomila a lire un milione e duecentomila per la violazione degli articoli 5, comma 2; 39; 44; 84, comma 3;

b) con l’ammenda da lire duecentomila a lire seicentomila per la violazione degli articoli 67, comma 2; 84, comma 1.

ART. 94 – Violazioni amministrative

1. Chiunque viola le disposizioni di cui agli articoli 65, comma 2, e 80, comma 2, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da lire centomila a lire trecentomila.

ART. 95 – Norma transitoria

1. In sede di prima applicazione del presente decreto e comunque non oltre il 31 dicembre 1996, il datore di lavoro che intende svolgere direttamente i compiti di prevenzione e protezione dai rischi è esonerato dalla frequenza del corso di formazione di cui al comma 2 dell’art. 10, ferma restando l’osservanza degli adempimenti previsti dal predetto art. 10, comma 2, lettere a), b) e c).

ART. 96 – Decorrenza degli obblighi di cui all’art. 4

1. È fatto obbligo di adottare le misure di cui all’art. 4 nel termine di dodici mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto.

ART. 97 – Obblighi d’informazione

1. Il Ministero del lavoro e della previdenza sociale trasmette alla commissione:

a) il testo delle disposizioni di diritto interno adottate nel settore della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro;

b) ogni cinque anni, una relazione sull’attuazione pratica delle disposizioni dei titoli I, II, III e IV;

c) ogni quattro anni, una relazione sull’attuazione pratica delle disposizioni dei titolo V e VI.

2. Le relazioni di cui al comma 1 sono trasmesse anche alle commissioni parlamentari.

ART. 98 – Norma finale

1. Restano in vigore, in quanto non specificatamente modificate dal presente decreto, le disposizioni vigenti in materia di prevenzione degli infortuni e igiene del lavoro.

Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sarà inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.