LA PRIGIONE DEI POVERI!

A 15 anni dalla loro istituzione, i Cie (Centri di identificazione e di espulsione), inizialmente Cpt (centri di permanenza temporanea), vengono bocciati su tutta la linea. nero
I “centri di internamento” dei Cie sono  strutture che risultano chiuse al mondo esterno e poco trasparenti sul versante della loro gestione contabile. Luoghi in cui la dignità umana e il diritto alla salute sono violati quotidianamente e in maniera protratta nel tempo.
Ad aggravare la situazione i tagli nei bilanci di gestione. Secondo il ministero dell’Interno la spesa complessiva per i Cie, nel 2011, è stata di 18,6 milioni di euro. Ma è risultato impossibile conoscere i costi delle singole strutture e scorporare i costi del personale e degli agenti da quelli destinati alla gestione e manutenzione ordinaria e straordinaria a seguito delle rivolte. Sta di fatto che la riduzione dei budget sta provocando una diffusa carenza nella fornitura di beni essenziali e di prima necessità come vestiario, lenzuola, prodotti per l’igiene personale. A Lamezia Terme, mancando un servizio di barberia, i trattenuti sono costretti a radersi a vista all’interno di una piccola gabbia di ferro, per prevenire possibili atti autolesionisti.
 Non è consentito il trasferimento in strutture sanitarie adeguate neanche a persone con patologie gravi. Vi è un abuso nella somministrazione di ansiolitici e “droghe di strada” per curare i disagi psichici. Al personale sanitario pubblico è interdetto all’accesso ai centri e dunque le cure mediche sono demandate alle stesse cooperative che gestiscono i centri con tutti i limiti che ne conseguono.
Inoltre ci è una massiccia presenza nei Cie di migranti appena giunti in Italia, richiedenti asilo, cittadini comunitari, stranieri presenti da molti anni in Italia senza un contratto di lavoro regolare o con il permesso di soggiorno scaduto; insomma tipologie differenti da quelle per cui le strutture sono state concepite.
 I Cie  non sono che «uno strumento di contenimento sociale» come lo erano i manicomi e il sistema messo in atto non è «riformabile né migliorabile»: vanno perciò chiusi tutti i centri di identificazione e di espulsione attualmente operativi in Italia.

 

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