DECRETO LAVORO . La nuova logica è: se alzi troppo la testa, ti giochi il rinnovo, oppure ti richiamano solo per i turni di notte. In sintesi, quel che è lecito attendersi, non è un aumento dell’occupazione, come dicono i cantori del governo, ma un incremento della quota precaria

Siamo di fronte  a un pacchetto di norme di davvero pesantissima precarizzazione, ma soprattutto di pesantissima ricattabilità delle persone e quindi il giudizio dell’A.S.La COBAS  è drammaticamente vero. In particolare, sulla acausalità delle proroghe ai contratti a termine, crediamo sia calata una colossale nube d’ignoranza su ministero del Lavoro e Parlamento.precariato a vita

Poletti si è giustificato dicendo: ‘In tal modo, ci liberiamo dello stop and go che obbliga le povere aziende a questo terribile sovraccarico burocratico’.

Ma non è così, nel senso che lo stop and go, cioè l’intervallo tra un rapporto di lavoro e il suo rinnovo, continua a esserci; ciò che cambia è la possibilità che l’impresa prima aveva una volta sola, e adesso l’avrà cinque volte. La discussione che ne è scaturita, è fondata sul nulla. Oltretutto, esiste uno strumento che il ministro ben conosce e che dovrebbe utilizzare, che si chiama comunicazioni obbligatorie –, un formulario che su internet le imprese sono obbligate a riempire quando aprono, trasformano o chiudono un rapporto di lavoro. Bene, oggi su 100 assunzioni, 70 sono a termine. Quindi non ci pare proprio così difficile, per le imprese, ricorrere a forme di flessibilità che l’ordinamento già metteva a disposizione prima, e quindi tutta questa grande urgenza – perchè si è fatto un decreto legge per acausalizzare – non era poi così indispensabile”.

Siamo arrivati alla caduta dell’obbligo per l’impresa di giustificare per iscritto l’assunzione a termine e la missione in somministrazione, purchè la durata di tali rapporti sia inferiore a 36 mesi: ad esempio, un lavoratore può essere utilizzato per 10 giorni e poi lasciato a casa per altri 20, in seguito richiamato per 30. L’importante è che l’azienda tenga conto del fatto che il totale dei periodi lavorati sia inferiore a 36 mesi. Per tutto quel periodo, il lavoratore non riceverà mai una lettera d’asssunzione in cui sia scritta la ragione per cui viene assunto e quindi il lavoratore in questione non avrà lo strumento per andare dal giudice o farsi assistere dal sindacato per dire: “Scusate, avreste dovuto assumermi a tempo indeterminato, come dice l’Europa, invece non l’avete fatto. Noi pensiamo  che questa sia una misura di natura davvero epocale, perchè sovverte completamente il principio che la forma normale di rapporto di lavoro sia quella a tempo indeterminato”. 

Sotto certi aspetti, poi, il dl peggiora la stessa riforma Fornero. “Con la legge 92 dell’ex ministro del Lavoro  sono capitate due cose: da un lato, si è irrigidito meritoriamente il rapporto di collaborazione e il lavoro intermittente, il cosiddetto lavoro a chiamata; dall’altro, non meritoriamente, si è dato il primo colpo al principio dell’obbligo di giustificazione del contratto a termine. Dopo il luglio 2012, quando quella legge è entrata in vigore, c’è stato il crollo delle assunzioni per lavoro intermittente, che era diventato il terzo rapporto per quantità di assunzioni prima della riforma Fornero, e il calo consistente delle collaborazioni, perchè c’era la paura, da parte delle imprese, di un contenzioso legale. contemporaneamente a questi due cali, c’è stato un incremento rilevante delle assunzioni a termine di brevissima durata. Quindi, è lecito supporre che a fronte di un restringimento delle regole nel caso delle collaborazioni e del lavoro intermittente, nonchè del conseguente rilassamento sul lavoro a termine, si è scelta la via più ‘tranquilla’, nel senso ‘vado dove non corro rischi’. 

“Nel momento in cui il contratto a termine diventa sostanzialmente non contestabile per 36 mesi è evidente che il sistema economico ha a disposizione uno strumento molto più tranquillo rispetto alle collaborazioni, in cui poter utillizzare le persone come tappabuchi e avere una manodopera docile, come dicono i documenti di Confindustria, cioè che non faccia troppa attenzione ai diritti, che casomai gli spetterebbero come lavoratore dipendente. La nuova logica è: se alzi troppo la testa, ti giochi il rinnovo, oppure ti richiamano solo per i turni di notte. In sintesi, quel che è lecito attendersi, non è un aumento dll’occupazione, come dicono i cantori del governo, ma un incremento della quota precaria, senza diritti e ricattabile dell’occupazione, già incredibilmente alta per via della crisi. Tale miscela, che riguarda sempre più persone non giovani che hanno perso il loro lavoro, è davvero grave, preoccupante e inaccettable per un’organizzazione confederale come la nostra, e dovrebbe essere inaccettabile per una sinistra degna di questo nome”.

Se si vuole davvero discutere di politiche del lavoro, sarebbe utili prenderne tutti gli aspetti, compresi quelli di sostegno, come gli ammortizzatori in deroga, che non sono stati finanziati adeguatamente nel 2014. “Il governo ha scelto autoritariamente di utilizzare il decreto legge su contratti a termine e apprendistato  demandando tutto il resto a una legge delega, che se va bene, impiegherà un anno e mezzo per essere approvata. In realtà, siamo di fronte a un’operazione disonesta intellettualmente, in cui da una parte discuti del mondo a venire, ma dall’altra lo stai trasformando. Per cambiare davvero le cose, bisognerebbe partire da un concetto semplice: le regole del lavoro non determinano la quantità dell’occupazione, ma la composizione e la stabilità degli occupati.  Quindi, visto che siamo al 6° anno di crisi e Renzi ha meritoriamente avviato una strategia di sostegno ai redditi, sia pure contradditoria, perchè lascia fuori pensionati e incapienti,  si sarebbe potuto completare tale azione con l’adeguato rifinanziamento degli ammortizzatori in deroga per quest’anno, e contemporaneamente l’apertura del tavolo per una riforma organica degli ammortizzatori sociali in senso universale. Questo avrebbe dato continuità di reddito alle persone oggetto dei processi di ristrutturazione, 
e al contempo offerto una speranza di un quadro universalistico di sostegno, e avrebbe dato fiducia ai cittadini costituendo il segno di svolta rispetto alle politiche del centro-destra del decennio passato. Perciò, il nostro giudizio sulle politiche del lavoro di questo governo permane negativo”. 
            

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